Abuso contratto a tempo determinato, sentenza attesa per fine luglio. Cosa accade ora? Intervista all’Avv. De Michele con info supplenze 36 mesi

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Intervista di Vincenzo Brancatisano

 

E’ trascorsa una settimana dall’inatteso comunicato stampa della Corte Costituzionale in merito alla vertenza dei precari della scuola e che prelude a una sentenza, questa sì attesissima, prevista per la fine di luglio.

“La Corte Costituzionale – è questa l’anticipazione della Consulta – ha stabilito l’illegittimità costituzionale della normativa che disciplina le supplenze del personale docente e del personale amministrativo, tecnico e ausiliario nella parte in cui autorizza, in violazione della normativa comunitaria, il rinnovo potenzialmente illimitato di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico ed ausiliario, senza che ragioni obiettive lo giustifichino”.

Tuttavia, precisa il comunicato, “la pronuncia di illegittimità costituzionale è stata limitata poiché l’illecito comunitario è stato cancellato, come da decisione della Corte di giustizia dell’Unione europea che ha interpretato la normativa comunitaria in materia di contratti a tempo determinato (sentenza Mascolo)”.

Conclude il comunicato che “per quanto riguarda il personale docente la normativa sulla Buona scuola prevede la misura riparatoria del piano straordinario di assunzioni, mentre per quanto riguarda il personale amministrativo, tecnico ed ausiliario prevede, in mancanza di analoga procedura di assunzione, il risarcimento del danno”.

Ma ora che cosa succede? In tanti, durante la settimana appena trascorsa, si sono posti questa domanda, sempre in attesa della sentenza finale. Sono sfumate le aspettative sui risarcimenti, a fronte del risarcimento in forma specifica attuato dal governo Renzi con il piano straordinario di immissioni in ruolo? Oppure no? Quali azioni occorre intraprendere? E chi non sarà assorbito dal concorso in atto cosa dovrà fare? I processi in corso, spesso conclusi in primo grado con vittoria dei ricorrenti, sul piano del riconoscimento integrale della carriera e del risarcimento monetario potranno continuare, quando e con quali strategie?

Per fornire ai nostri lettori un po’ di chiarezza sulla questione abbiamo sentito ancora una volta l’avvocato Vincenzo De Michele, del Foro di Foggia, uno dei massimi esperti della materia e principale artefice della vertenza dei precari approdata a Lussemburgo, sede il 26 novembre 2014 della sentenza Mascolo emessa dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee e proseguita presso la Corte di Cassazione e infine, presso la Corte Costituzionale.

Avvocato Vincenzo De Michele, la Corte Costituzionale, con il comunicato stampa del 12 luglio scorso, ha annunciato la sentenza sui precari della scuola e sintetizzato i suoi contenuti a distanza di quasi due mesi dall’udienza del 17 maggio. Che cosa succede? Non è una situazione anomala?

“In effetti, questo comunicato stampa è un tantino anomalo nella prassi amministrativa della Corte costituzionale, perché in genere viene pubblicato, per le grandi questioni, contestualmente al momento della decisione della causa dopo la pubblica discussione e prima del deposito delle motivazioni. In questo caso non è successo e c’è un’inusuale concomitanza con la pubblicazione del video dell’udienza pubblica del 17 maggio, effettuata con ritardo, probabilmente, e giustamente, per evitare riflessi indiretti sulle recenti elezioni amministrative.

Peraltro, va dato atto alla Corte costituzionale di avere un eccellente sistema di informazione telematica giuridica, superiore a quello della Corte di giustizia Ue per quanto riguarda la pubblicità delle udienze – che a Lussemburgo video-registrano senza renderle pubbliche: grave carenza in termini di trasparenza – e anche per la pluralità e completezza dei commenti dottrinali alle sentenze dell’Alta Corte nazionale. Invece, qualche carenza grave di informazione l’abbiamo riscontrata nel sito della Corte di Lussemburgo, ove, sulle sentenze europee che possono avere riflessi diretti sull’ordinamento interno a livello sociale, si tende a privilegiare esclusivamente i commenti a favore dello Stato o delle imprese di Stato, escludendo gli altri favorevoli ai lavoratori”.

Andiamo con ordine. Il video alla fine l’abbiamo visto, ma, nonostante tutte le critiche mosse dall’avvocato Galleano e da lei alla legge n. 107/2015 e alla sentenza n. 5072/2016 della Cassazione a Sezioni unite sul precariato pubblico, sembrerebbe almeno a una prima lettura del comunicato stampa in questione che la Corte costituzionale abbia valorizzato la ‘Buona Scuola e legittimato per il personale Ata fuori dal piano di assunzioni straordinario il criterio del cosiddetto danno comunitario, utilizzato dalla Cassazione. E’ così?

“Esattamente il contrario. Ammetto che, inizialmente, anche io propendevo per questa interpretazione di quello che è e rimane, comunque, solo un comunicato stampa. Riflettendo bene, però, su tutte le tappe di questa incredibile avventura giudiziaria che riguarda centinaia di migliaia di lavoratori pubblici precari, e non solo nella scuola, sono giunto a conclusioni diametralmente opposte”.

Addirittura.

“Partiamo dall’incipit del comunicato stampa.

Partiamo.
“All’esito dell’udienza pubblica del 17 maggio 2016 sul precariato scolastico la Corte ha dichiarato testualmente ‘l’illegittimità costituzionale della normativa che disciplina le supplenze del personale docente e del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (art. 4, commi 1 e 11 della legge 3 maggio 1999, n. 124) nella parte in cui autorizza, in violazione della normativa comunitaria, il rinnovo potenzialmente illimitato di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico ed ausiliario, senza che ragioni obiettive lo giustifichino’. In conseguenza, all’esito della camera di consiglio del 18 maggio 2016 sul precariato dei docenti dei Conservatori di musica, la Corte costituzionale dovrebbe logicamente dichiarare illegittimo anche l’art. 2, comma 6, della legge 21 dicembre 1999, n. 508, nella parte in cui autorizza, in violazione della normativa comunitaria, il rinnovo potenzialmente illimitato di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili dei docenti dei Conservatori di musica, senza che ragioni obiettive lo giustifichino”.

E quindi? E l’illecito comunitario per il superamento dei 36 mesi? La sentenza Mascolo della Corte di Giustizia di Lussemburgo del 26 novembre 2014, al punto 55, non precisava che proprio l’art. 5, comma 4-bis del decreto legislativo n. 368/2001 costituiva la sanzione adeguata ed energica per eliminare le conseguenze dell’abuso?

“La sentenza Mascolo al punto 55 fornisce la soluzione soltanto per il precariato pubblico non scolastico, non per i supplenti della scuola, per i quali il sistema di reclutamento è rigorosamente stabilito per legge e ben due norme – prima del rinvio pregiudiziale della Corte costituzionale – già impedivano qualsiasi tutela sanzionatoria: l’art.4, comma 14-bis, della legge n. 124/1999 e l’art.10, comma 4-bis, d.lgs. n. 368/2001, a cui poi si sono aggiunti, dal 1° settembre 2013, l’art.36, commi 5-ter e 5-quater, d.lgs. n. 165/2001, applicabili anche alle supplenze scolastiche. Sotto questo profilo, come aveva già fatto la Corte di giustizia nella sentenza Mascolo, la Corte costituzionale sembra rivalutare, sotto il profilo della nomofilachia delle norme nazionali, la sentenza n. 10127/2012 della Sezione lavoro della Cassazione sui precari della scuola, che aveva tentato di fermare il contenzioso, sperando nella resipiscenza del Governo Monti e in un piano di immissioni straordinarie in ruolo, in parte poi realizzato a settembre 2012 con decine di migliaia di nuove assunzioni a tempo indeterminato, compreso il personale Ata, e con il ripristino del doppio sistema di reclutamento per concorso (il concorso del 2012, indetto dal ministro Profumo, ndr.) e per scorrimento delle graduatorie permanenti. Infatti, nella sua ‘nudità, il dispositivo della ‘futura’ sentenza è inaspettato e duro, perché va ben oltre quello che noi difensori dei lavoratori avevamo richiesto in relazione alle fattispecie di causa di supplenti che avevano tutti superato i 36 mesi, di limitare la declaratoria di illegittimità della norma alla parte in cui non consentiva, dopo 36 mesi di servizio anche non continuativo, ai sensi dell’art. 5, comma 4-bis, d. lgs. n. 368/2001, la costituzione a tempo indeterminato del rinnovo delle supplenze, espungendo dall’ordinamento interno, conseguentemente, tutte le indicate norme che impediscono la tutela effettiva”.

Quindi, dal suo punto di vista, per la Corte costituzionale non verrebbe in considerazione la regola dei 36 mesi di supplenza annuale per avere diritto all’assunzione stabile o al risarcimento dei danni, secondo le Sezioni unite della Cassazione?

“Il citato art. 5, comma 4-bis non dovrebbe avere nessun ruolo nella motivazione della sentenza della Corte costituzionale, meno che mai le argomentazioni del Miur secondo cui l’illecito comunitario nella scuola si maturava soltanto con il superamento dei 36 mesi di supplenze (soltanto) annuali, cioè con esclusione delle supplenze temporanee e fino al termine delle attività didattiche: grande inesattezza, purtroppo mutuata in molte sentenze di giudici di merito”.

Spieghi meglio questo punto.

“In realtà, sono stati scardinati totalmente la posizione difensiva del Miur e il fondamento della ‘Buona scuola’, su due punti fondamentali: tutte le singole supplenze annuali erano illegittime, perché prive di ragioni oggettive, e non solo quelle che superavano complessivamente i 36 mesi, così come sono illegittime le supplenze di fatto che mascherano supplenze annuali per carenze di organico.

Le uniche supplenze legittime, d’ora in poi, saranno quelle temporanee per sostituzione di personale assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro (malattia, maternità, congedi parentali, infortunio sul lavoro, ecc.), ai sensi dell’art. 4, commi 2 e 3, della legge n. 124/1999, che dovranno essere conferite da graduatorie selettive pubbliche senza alcuna discrezionalità per i dirigenti scolastici.

Ne consegue che i dirigenti scolastici non potranno scegliere proprio nulla intuitu personae, incorrendo, in caso contrario, nelle conseguenze risarcitorie per violazione dell’art. 36, commi 2 e 5, del d.lgs. n. 165/2001. Ricordo che il famigerato art. 1, comma 131, della legge n. 107/2015, che per la Commissione Ue e per l’Avvocatura erariale costituisce la nuova misura preventiva antiabusiva che sana la mancata applicazione della clausola 5, n. 1, dell’Accordo quadro comunitario sul lavoro a tempo determinato, così recita: ‘A decorrere dal 1º settembre 2016, i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, per la copertura di posti vacanti e disponibili, non possono superare la durata complessiva di trentasei mesi, anche non continuativi’. Bene, questi contratti a termine per copertura di posti vacanti e disponibili non potranno più essere stipulati dal Miur, perché illegittimi e il dirigente scolastico che li dovesse stipulare incorrerebbe nella responsabilità dirigenziale di cui all’art. 36, comma 5, d. lgs. n. 165/2001, per violazione di norma imperativa di legge”.

Scusi, ma allora le supplenze lunghe non potranno essere più svolte? Come si potrà sopperire a carenze di organico nella scuola dopo l’iniziale programmazione del fabbisogno?

“Il quadro normativo per il reclutamento nella scuola pubblica torna ad essere quello delineato dal Governo Prodi con la legge finanziaria n. 296/2006 di stabilizzazione del precariato scolastico, compreso il personale Ata, e con la fortissima limitazione all’uso del contratto a tempo determinato nel pubblico impiego nella versione dell’art. 36 d.lgs. n. 165/2001 introdotta dalla legge finanziaria n. 244/2007, che durò nemmeno sei mesi quando la norma il 25 giugno 2008 fu modificata dal Governo Berlusconi con il d. l. n.112/2008 con la nuova liberalizzazione dei contratti flessibili nel pubblico impiego, anche scolastico. Ed è lo stesso quadro normativo che aveva cercato di delineare, seppure meno rigidamente con la ennesima modifica dell’art. 36, comma 2, del d. lgs. n. 165/2001, il Governo Letta con la stabilizzazione triennale del precariato scolastico a seguito del d. l. n. 104/2013, che comprendeva anche il personale Ata, a differenza della ‘Buona Scuola’, e che era stato emanato proprio in conseguenza dell’ordinanza di rinvio pregiudiziale della Corte costituzionale, depositata il 18 luglio 2013. Ricordo perfettamente che all’udienza del 27 marzo 2013 in Corte costituzionale il Presidente Gallo chiese al collega, avvocato Sergio Galleano, se insistevamo nell’istanza di rimessione alla Corte di giustizia, che avevamo inserito con l’avvocato Walter Miceli per l’Anief nella nostra memoria difensiva del docente precario della Provincia di Trento.

Quell’istanza pregiudiziale Ue ci fu suggerita dall’avvocato Nicola Zampieri, che poi avrebbe partecipato alla discussione in Corte di giustizia, esattamente un anno dopo, all’udienza del 27 marzo 2014 della causa Mascolo ed altri. L’avvocato Galleano, io e gli altri difensori dei lavoratori ci siamo subito adeguati all’indicazione della Corte costituzionale, che era quella di prendere tempo con il primo rinvio pregiudiziale della Consulta in un giudizio incidentale di costituzionalità, per costringere il legislatore, nel potente dialogo tra la Corte di giustizia e il Giudice nazionale delle leggi, a risolvere il problema del precariato con la stabilizzazione graduale del personale supplente. Di questa posizione dei difensori dei lavoratori di adesione alla scelta del Governo Letta di stabilizzazione del precariato scolastico, compreso il personale Ata, vi è traccia nelle conclusioni scritte dell’Avvocato generale Szpunar nella causa Mascolo, alla nota n. 47. Nelle osservazioni scritte dei lavoratori, peraltro, indicammo anche quale soluzione del precariato la riattivazione della normativa sulle dotazioni organiche aggiuntive (5 per cento del personale assunto stabilmente in servizio come soglia massima di utilizzazione), mai abrogata e attualmente ancora in vigore nonostante la legge n. 107 e il cosiddetto organico del potenziamento. Anche a questo faceva riferimento l’Avvocato generale per sottolineare che le soluzioni c’erano”.

Come andarono le cose?

“Quando discutemmo la causa Mascolo in Corte di giustizia, ci dividemmo i compiti per rispondere ai due quesiti che la Corte di Lussemburgo ci aveva anticipato prima dell’udienza: l’applicazione dell’art.47 della Carta dei diritti fondamentali Ue per rimuovere le norme ostative al riconoscimento del diritto alla stabilità lavorativa, al cui quesito rispondemmo l’avvocato Galleano e io anche per l’Anief nella fase introduttiva e, in replica, l’avvocato Zampieri.

La sussistenza della nozione comunitaria delle ragioni oggettive, che giustificassero l’attuale sistema di reclutamento scolastico, al cui quesito risposero brillantemente nella fase introduttiva il professor Vittorio Angiolini per la Cgil, l’avvocato Isetta Barsanti Mauceri per la Flc-Cgil, l’avvocato Tommaso De Grandis per la Gilda-Unams e l’avvocato Angelo Coppola, nonché gli avvocati Roberto Cosio e Amos Andreoni, quest’ultimo sempre per la Cgil, in sede di replica.

Il punto 110 della sentenza Mascolo e la risposta della Corte europea secondo cui è inammissibile che ragioni finanziarie possano giustificare l’attuale sistema di reclutamento evidenziano che le risposte al secondo quesito dell’avvocatura dei lavoratori sulle ragioni oggettive sono state determinanti per l’esito della causa in Corte di giustizia e, conseguentemente, per l’esito del giudizio in Corte costituzionale. I cinque minuti dell’arringa finale dell’amico Amos Andreoni e la sua teatralità giuridica nel dare ragione alla Commissione Ue e torto allo Stato italiano hanno rappresentato il miglior sigillo, peraltro gratuito, del magnifico gioco di squadra dell’avvocatura dei lavoratori, in un contesto in cui anche l’isolato Avvocato dello Stato Varone ha difeso con grande rigore e dignità uno Stato indifendibile”.

Per la verità, non è sembrato che all’udienza del 17 maggio 2016 la Corte costituzionale abbia dato molto spazio alle difese dei lavoratori, dal momento che sono stati dichiarati inammissibili gli interventi del sindacato e di alcuni lavoratori, per tardività.

“Guardi, il rischio dell’inammissibilità degli interventi era stato già preventivato e risponde alle regole del giudizio di costituzionalità interno, diverso dal giudizio pregiudiziale Ue, in cui la parte del processo principale può partecipare sia con osservazioni scritte sia semplicemente all’eventuale udienza di trattazione orale. Poiché ci eravamo preparati a questa evenienza, l’avvocato Galleano e io avevamo la possibilità di riarticolare, come già concordato con i colleghi, gli interventi degli avvocati Angiolini, Andreoni, Barsanti Mauceri e De Grandis, dividendoci gli argomenti che gli altri avvocati dei lavoratori non avrebbero potuto sviluppare. Mi sembra che il gioco di squadra, iniziato a Lussemburgo, sia proseguito davanti alla Consulta, seppure in ranghi ridotti, ma con identici risultati sotto il profilo dei tempi di partecipazione dei difensori: il 17 maggio 2016 l’avvocato Galleano ha potuto parlare per circa mezzora, esattamente quanto in 29 minuti hanno parlato in Corte di giustizia complessivamente gli avvocati De Michele, Galleano, Angiolini, Barsanti Mauceri, de Grandis e Coppola nelle arringhe iniziali. Io ho parlato circa 20 minuti in Corte costituzionale, esattamente il tempo impiegato dagli avvocati Zampieri, Cosio e Andreoni per le arringhe finali in Corte di giustizia”.

Parità processuale…

“Parità assoluta delle armi processuali e piena tutela del contraddittorio, in entrambi i casi. E infatti, la soluzione della Corte costituzionale, nel dispositivo, è esattamente quella della sentenza Mascolo.

In effetti, sembrerebbe dal comunicato stampa che la sentenza Mascolo abbia soltanto rilevato l’illecito comunitario per la mancanza di ragioni oggettive, lasciando allo Stato italiano la scelta della sanzione energica contro gli abusi commessi, individuata dal legislatore della “Buona scuola” nell’immissione straordinaria in ruolo per i docenti.

“Infatti, è esattamente quello che emerge dalla sentenza Mascolo della Corte di giustizia e che la Corte costituzionale aveva già affermato, richiamando espressamente la sentenza Mascolo, nella sentenza Cartabia-Sciarra dell’11 dicembre 2015, n. 260 sui dipendenti pubblici precari delle Fondazioni di produzione musicale. Soltanto che, in questo caso, la sanzione contro gli abusi era già stata individuata nel sistema delle fonti interne dalla giurisprudenza della Cassazione nella conversione a tempo indeterminato per ogni singolo contratto privo di ragioni oggettive ed è stato relativamente semplice per la Consulta ripristinare il regolare funzionamento delle regole sostanziali e processuali di tutela, rimuovendo con la declaratoria di illegittimità costituzionale la norma interpretativa retroattiva del 2013 che impediva l’applicazione della sanzione della costituzione di rapporti stabili alle dipendenze di pubbliche amministrazioni. Nel caso dei docenti e del personale Ata la situazione è molto diversa. Viene dichiarata illegittima, perché incompatibile con l’ordinamento europeo, la stessa norma che consentiva il regolare funzionamento del reclutamento scolastico fondato sul cosiddetto doppio canale. La sentenza Mascolo è soltanto la fonte di diritto per l’individuazione dell’illecito comunitario, costituito dalla possibilità di precarizzazione a tempo indeterminato dei rapporti di lavoro. Ma non è la fonte di diritto per individuare la sanzione, che, secondo la Corte di giustizia, deve essere scelta dallo Stato inadempiente”.

Ci risiamo. Sembra una storia senza fine. Qual è la fonte di diritto della sanzione, allora?

“Insomma, non esiste il cosiddetto danno comunitario, quale conseguenza dell’inadempimento dell’Italia alla predisposizione di misure preventive contro gli abusi nell’utilizzo dei contratti a termine nel pubblico impiego. Quindi, viene sconfessata di fatto la sentenza n. 5072 delle Sezioni unite del 15 marzo 2016, novello inammissibile legislatore delle catacombe, sull’applicazione di una norma abrogata – l’art.32, comma 5, della legge n.183/2010 – a titolo di risarcimento del danno full optionals quale unica sanzione adeguata. Esiste invece l’obbligo dello Stato legislatore di rimuovere la situazione di abuso individuando una sanzione effettiva ed adeguata. Il Governo Letta, infatti, aveva programmato un piano triennale di stabilizzazione del precariato scolastico e lo aveva fatto dopo il deposito dell’ordinanza di rinvio pregiudiziale della Corte costituzionale, che già fotografava la situazione di abuso e di precarizzazione a tempo indeterminato delle supplenze scolastiche. Poi è intervenuto il nuovo Governo Renzi, che si è appropriato dei meriti del precedente Governo avviando, con grave ritardo rispetto alla sentenza del 26 novembre 2014 della Corte di giustizia, che era stata preceduta dalle identiche indicazioni di illecito comunitario dell’Avvocato generale Szpunar del 17 luglio 2014, una rimodulazione dell’originario piano Letta di immissioni in ruolo con la legge n. 107/2015. Come ha potuto verificare dal video, l’avvocato Galleano e io sosteniamo abbia aggravato i problemi del precariato scolastico, creando situazioni di abnorme discriminazione, per aver immesso in ruolo con la fase C decine di migliaia docenti ‘casualmente’ inseriti nelle graduatorie ad esaurimento senza neanche un giorno di servizio nella scuola pubblica, come nel caso di migliaia di insegnanti di discipline giuridiche ed economiche, mentre decine di migliaia di supplenti – oltre 100.000 al 30 giugno 2016, secondo gli stessi dati ministeriali – , cioè insegnanti di sostegno, docenti ITP, abilitati Pas e Tfa, diplomati magistrali, iscritti nelle graduatorie di III fascia, ecc., come tutto il personale Ata, pur avendo maturato almeno una supplenza annuale, sono stati ancora costretti ad insegnare in modo precario nell’anno scolastico 2015/2016. Ebbene, tutto questo alla Corte costituzionale non interessa non perché non sia rilevante, ma perché non aiuta a risolvere il problema. Alla Corte costituzionale interessa solo la natura teleologica della riforma della ‘Buona scuola’: la legge n. 107/2015 nasce per risolvere il problema della precarizzazione dei rapporti di lavoro dei supplenti scolastici, individuando una sanzione efficace in favore dei docenti, cioè l’immissione in ruolo, che rimuove l’illecito comunitario”.

Quindi è stata la sentenza della Corte di giustizia, definita però all’epoca “sedicente sentenza”, a costringere il legislatore della 107 al piano straordinario di immissioni in ruolo?

“Il legislatore della legge n. 107/2015 ha semplicemente individuato la sanzione adeguata a rimuovere l’illecito comunitario nel riconoscere il diritto dei docenti al rapporto stabile alle dipendenze della Pubblica Amministrazione scolastica, anche perché le fasi assunzionali 0, A e B della riforma appartenevano già al piano Letta. La Corte costituzionale, così argomentando nel rapporto tra sentenza Mascolo e legge interna, ha cancellato la spudorata comunicazione dell’11 novembre 2015 del premier ai docenti neo-assunti con la fase C, tra cui la moglie, che il merito dell’immissione straordinaria in ruolo sarebbe stato esclusivamente del suo Governo e non di una ‘sedicente sentenza della Corte di giustizia’, come lei ha ben ricordato. Il Giudice delle leggi sostiene che il merito delle immissioni in ruolo extra ordinem dei docenti è stato della Corte di giustizia che ha rilevato, come già evidenziava l’ordinanza Gallo-Mattarella di rinvio pregiudiziale, la violazione del diritto comunitario della normativa sul reclutamento scolastico, per mancanza di ragioni oggettive e di misure preventive sanzionatorie. E quindi il merito è stato del Giudice delle leggi e, aggiungerei, del Tribunale di Napoli”.

E come la mettiamo con i docenti abilitati all’insegnamento che hanno avuto almeno una supplenza annuale e, pur essendo stati “abusati”, non sono stati immessi in ruolo? Il comunicato stampa non ne parla.

“La Corte costituzionale non è il Giudice del processo, non riconosce o nega il diritto richiesto dalle parti, ma è semplicemente il Giudice delle leggi, il garante della Costituzione. Non lo dobbiamo mai dimenticare, anche se, nella vicenda dei precari della scuola, la Consulta ha operato eccezionalmente come giurisdizione, per dialogare con la Corte di giustizia sostenendo l’azione del Tribunale di Napoli, che muoveva anche dal contrasto interno alla Cassazione che era stato evidenziato dalla relazione n. 190 del 24 ottobre 2012 dell’Ufficio del Massimario della Suprema Corte, che aveva accertato l’illecito comunitario in antitesi rispetto alla declaratoria di compatibilità comunitaria affermata nella sentenza n. 10127/2012 della stessa Corte di legittimità. La Corte costituzionale non poteva intervenire sulle singole situazioni soggettive e risolverle direttamente. Questo è compito del Giudice di merito.

Doveva indicare una soluzione generale adeguata per risolvere il problema del precariato scolastico, una volta accertato l’illecito comunitario. In questo è stata geniale, se questa è la soluzione, perché ha certificato che il legislatore del Porcellum scolastico ha agito per rimuovere l’illecito comunitario evidenziato dalla sentenza Mascolo, individuando la sanzione normativa adeguata per i docenti: il posto stabile. E vengo al punto della domanda sui docenti abusati per aver svolto almeno una supplenza annuale o una supplenza fino al termine delle attività didattiche che mascherava una carenza organica, e che non sono stati stabilizzati.

Questo è un problema del Giudice di merito che dovrà applicare la tutela equivalente a lavoratori che si trovano nell’identica situazione, o ricorrendo all’applicazione diretta della clausola 4, n. 1, dell’Accordo quadro comunitario del divieto di discriminazione tra lavoratori a tempo indeterminato comparabili (che sono i docenti immessi in ruolo con il piano straordinario della legge 107, per rimuovere l’illecito comunitario) e lavoratori a tempo determinato abusati (docenti abilitati all’insegnamento con almeno una supplenza annuale, anche mascherata da supplenza su organico di fatto).

Oppure ricorrendo alla questione di legittimità costituzionale per violazione dell’art. 3 della Costituzione. La Corte costituzionale, così operando, salva il Miur da azioni di risarcimento dei danni per l’illecito comunitario commesso in danno di chi è stato immesso in ruolo con il piano straordinario, ma costringe anche il legislatore a rivedere il piano stesso per ricomprendervi anche chi rimarrà escluso dopo gli esiti del concorsone, che comunque dovrebbe salvaguardare decine di migliaia di precari storici, se, come pare, decine di migliaia rimarranno fuori dalla ‘sanatoria’ del concorso, creando i presupposti per un contenzioso di dimensioni epocali. Ad esempio, con la velocità che contraddistingue l’attuale azione governativa, il Miur potrebbe già ricorrere alla riattivazione della dotazione organica aggiuntiva, perché la normativa che la prevede non è stata abrogata. In fondo, sono passati soltanto tre anni da quando l’avvocatura dei lavoratori l’aveva suggerita e non siamo interessati al copyright, purché le cose si facciano veramente e seriamente”.

Lei sta affermando che i docenti immessi in ruolo con la “Buona scuola”, che hanno le cause in corso per il risarcimento dei danni oltre alla stabilizzazione, non potranno vedersi riconosciuto in sede giudiziale alcun risarcimento dei danni per gli anni di precariato?

“Difficile prevederlo, perché la soluzione che offre la Corte costituzionale e che non è ancora definita dalla motivazione della sentenza si fonderebbe soltanto sull’autorevolezza della Corte, che però è in questo momento elevatissima perché il problema dell’incompatibilità comunitaria è stato sollevato dalla Consulta e risolto affermativamente dalla Corte di giustizia. Questa soluzione è coerente con quanto già emerso in una nota sentenza del Presidente della Sezione lavoro del Tribunale di Roma, il dottor Sordi, che ha chiaramente riconosciuto che il piano straordinario di immissione in ruolo costituisce una forma di autopunizione per lo Stato, che rimuove l’illecito comunitario. Le posso dire che in una controversia analoga, che ho seguito con l’avvocato Galleano, di una docente precaria immessa in ruolo non con il piano straordinario ma a seguito del concorsone del 2012, altro Giudice del Tribunale di Roma è giunto alle stesse conclusioni della sentenza ‘Sordi’, negando il diritto al risarcimento dei danni, ma riconoscendo l’intera anzianità professionale maturata dalla lavoratrice durante i periodi di precariato, ai fini della progressione economica e di carriera. Noi avvocati eravamo scontenti della soluzione giudiziale che negava il risarcimento dei danni, mentre la nostra assistita si è mostrata molto soddisfatta e non intende proporre appello alla decisione, accontentandosi del riconoscimento dell’anzianità professionale”.

L’esempio è interessante.

“E’ un esempio che mi ha fatto riflettere e quindi, per risponderle, non so come si regoleranno i giudici di merito dopo il deposito della sentenza della Corte costituzionale, ma credo che saranno estremamente tentati a seguire le indicazioni di giustizia sostanziale o, meglio, istituzionale della Consulta, che non condivido sul piano giuridico per l’entità del danno di chi il precariato scolastico lo ha veramente sofferto, ma a cui mi sento di aderire sul piano etico. Tuttavia, anche in questo caso, cioè ove il Giudice del lavoro negasse il diritto al risarcimento dei danni, vi sarebbero moltissimi margini di tutela risarcitoria davanti al Giudice ordinario non specializzato, per l’accertato – dalla Corte costituzionale – inadempimento dello Stato italiano alla direttiva 1999/70/CE nei confronti del personale docente e Ata della scuola pubblica. Si tratterebbe, però, di iniziare un nuovo contenzioso”.

Ma non si potrebbe applicare in questi casi ai docenti stabilizzati il risarcimento dei danni indicato dalle Sezioni unite da 2,5 a 12 mensilità?

“De minimis non curat praetor, dicevano i nostri avi maestri del diritto. Come giurista non sono tenuto ad applicare o a chiedere ad un giudice nel pieno possesso delle sue facoltà intellettive e cognitive di applicare le inesattezze scritte nelle sei sentenze delle Sezioni unite del 14-15 marzo 2016 sul c.d. danno comunitario. Le ho contestate e criticate duramente davanti alla Corte costituzionale all’udienza del 17 maggio 2016, sono state già censurate con i primi ricorsi alla Corte europea dei diritti dell’uomo per violazione degli artt.1, 6, 8, 13 e 14 della Convenzione EDU, anche in relazione all’art.1 del 1° Protocollo addizionale CEDU. Faccio l’avvocato, non il filosofo del diritto o lo psichiatra, e quelle sentenze sono grandemente e profondamente sbagliate, sul piano etico prima che giuridico. Gli interessati si rivolgano ad altri più illuminati colleghi per avere un parere pro veritate e senza epiteti, se vogliono chiedere l’applicazione del danno comunitario”.

Mi scusi, avvocato, ma perché per il personale Ata abusato la Corte costituzionale riconosce soltanto il risarcimento dei danni e non il posto stabile? Non è che per queste categorie professionali la Consulta potrebbe richiamare il criterio di risarcimento dei danni delle Sezioni unite?

“Anche sul punto il ragionamento della Corte costituzionale è estremamente lineare e coerente, e segue il percorso argomentativo sintetico – nel comunicato stampa, ovviamente – già espresso per i docenti. La scelta della sanzione per rimuovere l’illecito comunitario spetta al legislatore della 107, che l’ha individuata nell’immissione in ruolo dei docenti e non ha previsto la stessa sanzione per il personale Ata. Ebbene, il risarcimento dei danni per il personale Ata non stabilizzato spetterà nella misura della sanzione non riconosciuta, cioè il posto stabile non ancora acquisito alle dipendenze della pubblica amministrazione scolastica, non certamente in base al danno extracomunitario delle Sezioni unite. In questo caso, siamo di fronte ad una tipica azione di risarcimento dei danni per mancata attuazione della direttiva 1999/70/CE, da individuare in forma specifica nel posto stabile riconosciuto ad altre categorie professionali operanti nello stesso settore (i docenti, ndr.) o in alternativa in un risarcimento del danno parametrato alla mancata stabilizzazione. Altrimenti, la discriminazione di trattamento risarcitorio equivalente nei confronti del personale Ata sarebbe ingiustificabile, e andrebbe sollevata questione di legittimità costituzionale per violazione dell’art. 3 della Costituzione. Ovviamente, il legislatore e il Miur dovranno intervenire immediatamente per sanare questa situazione di inadempimento, provvedendo all’immissione in ruolo anche per il personale Ata, come già avvenuto fino all’anno scolastico 2013/2014 con il Governo Letta”.

Avvocato De Michele, l’impressione è che si sia vicini all’atteso epilogo di una storia eccezionale. Se la sentenza della Corte costituzionale dovesse rispondere alle sue considerazioni, i precari della scuola chi dovrebbero ringraziare per l’esito comunque straordinario della vicenda?

“Innanzitutto sé stessi e tutti quelli che hanno tenuto altissima l’attenzione sulla gravità del problema della precarietà lavorativa, tra i quali mi pare ci sia anche lei, Brancatisano, soprattutto con il suo libro inchiesta ‘Una vita da supplente’ o l’Anief, che ha inondato di ricorsi la Commissione UE per denunciare l’infrazione alla direttiva 1999/70/CE, poi sfociata nella procedura n. 2010-2124 archiviata solo dopo la censura della Corte di giustizia e l’intervento legislativo della 107.

Il sindacato, che attraverso l’Anief, la Cgil, la Flc-Cgil, la Gilda-Unams si è speso direttamente o indirettamente in Corte di giustizia, in Corte costituzionale, davanti ai Giudici nazionali per affermare la necessità di una tutela rafforzata nei confronti dello Stato dei precari della scuola.

I non molti giudici nazionali che hanno raccolto la sofferenza dell’incertezza lavorativa e sociale di decine di migliaia di persone e famiglie, tra i quali ricordo per tutti il dottor Paolo Coppola del Tribunale di Napoli, autentico vincitore dell’agone comunitario nel suo dialogo-scontro con la Corte di giustizia.

La dottoressa Maria Antonietta La Notte Chirone, compianto Giudice del lavoro del Tribunale di Trani, che ha continuato a stabilizzare i precari della scuola e del pubblico impiego anche negli ultimi giorni del suo lavoro e della sua vita, come vero servitore di quello Stato che, invece, commetteva illeciti ‘comunitari’ e costituzionali nei confronti di altri suoi servitori, mantenendoli nella precarietà.

Il dottor Sergio Mattone, Presidente emerito della Corte di cassazione in quanto Presidente titolare della Sezione lavoro della Corte, che il 14 giugno 2012, nel pieno del default del diritto del lavoro e della tutela dei diritti fondamentali, presiedeva nell’aula magna della Suprema Corte il Convegno sulla tutela Ue dei precari nel pubblico impiego, in cui avrebbe difeso l’operato di quei Giudici che ritenevano compatibile l’applicazione piena della tutela comunitaria con le presunte esigenze finanziarie dello Stato, assicurando la copertura etica e culturale a chi avrebbe poi sollevato le questioni pregiudiziali risolte dalla sentenza Mascolo.

Il dottor Dario Cammarosano quale Giudice del lavoro del Tribunale di Siena e la dottoressa Jacqueline Magi quale Giudice del lavoro del Tribunale di Livorno, i quali per primi hanno stabilizzato i rapporti di lavoro dei precari della scuola, puntando soprattutto sul principio di uguaglianza e non discriminazione, che sarà la chiave per la soluzione definitiva del problema, ricevendo da molti colleghi anche del grado superiore una reazione di disprezzo e di censura che andrebbe approfondita in altra sede, per comprenderne le reali motivazioni.

La Corte costituzionale (e quindi la Corte di giustizia, mero esecutore materiale o consulente tecnico d’ufficio della nostra Alta Corte), che con l’ordinanza pregiudiziale e il dialogo con la Corte di giustizia ha garantito la tenuta costituzionale del sistema di tutele interno ed ha assicurato la partecipazione attiva dello Stato alla formazione del diritto europeo, nonostante le evidenti deficienze del potere legislativo.

La Cassazione, la cui dialettica interna tra la nomofilachia nazionale della sentenza n. 10127/2012 della Suprema Corte e la nomofilachia comunitaria della relazione di Francesco Buffa del Massimario della Cassazione n. 190/2012 ha costituito, alla fine, lo spazio più fecondo per giungere alla soluzione finale con la stabilizzazione ‘coatta’ del precariato scolastico.

Il Presidente Mattarella, che è stato l’Estensore dell’ordinanza di rinvio pregiudiziale e ne ha accompagnato gli esiti finali con il decreto 29/C/2016, con cui ha disposto la stabilizzazione dei precari del Quirinale per dare un segnale del percorso che andava concluso in favore dei lavoratori pubblici precari, anche della scuola.

Non credo che dovranno ringraziare il legislatore della ‘Buona scuola’, per l’incredibile caos e le sciagurate discriminazioni che ha provocato. Ma avrà la possibilità di ringraziare il Governo Renzi se, prima del referendum costituzionale, si preoccuperà di rimediare agli errori commessi stabilizzando il personale docente ed Ata ancora rimasto precario all’esito del concorsone”.

Ha ricordato chi scrive ma ha dimenticato gli avvocati…

“Gli avvocati dei lavoratori non vanno ringraziati: quelli vanno solo pagati per il lavoro svolto, anche per consentir loro di assolvere puntualmente agli oneri fiscali in scadenza e così continuare a svolgere serenamente l’attività defensionale a tutela di tutti, ma soprattutto dei più deboli”.

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