MOBILITA’ PROFESSIONALE DOCENTI E STABILIZZAZIONE PRECARIATO SCOLASTICO DOPO LA SENTENZA N.187/2016 DELLA CORTE COSTITUZIONALE. AZIONI ESPERIBILI A TUTELA DEI DIRITTI VIOLATI DAL MIUR CON LA RIFORMA “AGNESE”

di

Vincenzo De Michele e Sergio Galleano

SOMMARIO 1. Il ruolo della sentenza n.187/2016 della Corte costituzionale nella tutela dei diritti dei docenti precari e non più precari, dopo la disastrosa attuazione del doppio piano straordinario di immissioni in ruolo e di mobilità professionale della riforma Agnese. – 2. Il piano “straordinario” di assunzioni dei docenti della legge n.107/2015 e la sentenza n.187/2016 della Corte costituzionale. – 3. L’inadempimento dello Stato italiano alla direttiva 1999/70/CE per il precariato scolastico e l’inammissibilità delle ordinanze di legittimità costituzionale, per mancata indicazione della sanzione della stabilizzazione. Le ordinanze nn.206 e 207/2013 della Corte costituzionale. – 4. Il contrasto in Cassazione sulla tutela dei diritti dei precari pubblici tra la linea “Canzio” e la linea “Mattone”. – 5. La normativa “salva Canzio” del 2014-2016 per assicurare il rapido smaltimento dei giudizi in Cassazione e la normativa “salva Matteo” del 2014 per assicurare al beneficiario l’impunibilità da responsabilità erariale e un sereno premierato da “non addetto ai lavori”. – 6. Le ordinanze di rinvio pregiudiziale del Tribunale di Napoli su tutto il precariato pubblico. – 7. La procedura di infrazione n.2010/2124 della Commissione Ue sul precariato scolastico. L’ordinanza Papalia della Corte di giustizia sull’incompatibilità comunitaria della sanzione risarcitoria interna e le ordinanze nn.206 e 207 del 2013 della Corte costituzionale. – 8. La sentenza Mascolo della Corte di giustizia, il decreto n.29/C/2016 del Presidente della Repubblica e la sentenza n.187/2016 della Corte costituzionale: la leale cooperazione tra Istituzioni europee e (alcune) Istituzioni dello Stato italiano. – 9. La stabilizzazione in via ordinaria del precariato scolastico con l’art.4, comma 6, D.L. n.101/2013 e l’art.15, comma 1, D.L. n.104/2013: la leale cooperazione dello Stato italiano (Governo Letta). – 10. Il piano “straordinario” di immissioni in ruolo nelle intenzioni del Governo Renzi prima della legge n.107/2015: la sleale cooperazione dello Stato italiano con i suoi cittadini. – 11. Assegnazione definitiva per tre anni nell’albo territoriale del personale docente assunto con il piano straordinario di immissione in ruolo nell’art.8 del D.D.L. n.2994 sulla “Buona scuola”. – 12. Il Contratto collettivo nazionale integrativo sulle utilizzazioni e assegnazioni provvisorie del 13 maggio 2015. – 13. La legge n.107/2015 e il “nuovo” piano straordinario di immissioni in ruolo. L’assegnazione definitiva di sede ai nuovi assunti con decorrenza giuridica dal 1° settembre 2015. 14. I concorsi nulli del 2016, per violazione dell’art.4, comma 3, D.L. n.101/2013. – 15. Il MIUR continua ad assegnare supplenze annuali e fino al termine delle attività didattiche “nulle” per l’anno scolastico 2015/2016. – 16. La definitività al 1/9/2015 dell’assegnazione della sede di immissioni in ruolo in prova: i dati normativi nel T.U. sulla scuola, nella legge n.107/2015 e nel CCNI del 13 maggio 2015. – 17. La riforma “Agnese” e la mobilità professionale straordinaria per l’anno scolastico 2016/2017 nel CCNI dell’8 aprile 2016. – 18. Azioni esperibili dai docenti “migranti” delle fasi “B” e “C”. – 19. Azioni esperibili dai docenti abilitati iscritti nella II fascia delle graduatorie di istituto o di circolo, che hanno maturato 36 mesi di servizio nella scuola pubblica e non hanno superato il concorso 2016.

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  1. Il ruolo della sentenza n.187/2016 della Corte costituzionale nella tutela dei diritti dei docenti precari e non più precari, dopo la disastrosa attuazione del doppio piano straordinario di immissioni in ruolo e di mobilità professionale della riforma Agnese

Assistiamo in questi giorni alla consumazione della assurda devastazione dei diritti fondamentali di decine di migliaia di docenti di ruolo della scuola pubblica, costretti a trasferirsi in luoghi molto distanti dal luogo di residenza abitativa personale e familiare, dopo essere stati assunti a tempo indeterminato nell’anno scolastico 2015/2016 all’esito del piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato di cui all’art.1, commi 95 ss., della legge n.107/2015, in cui nessuno dei docenti delle fasi “B” e “C” ha avuto la possibilità di scegliere la sede definitiva di servizio, assegnata invece d’ufficio dal cervellone del MIUR sulla base di un algoritmo segreto, e poi rimessa in discussione e trasformata in assegnazione provvisoria nel piano straordinario di mobilità professionale per l’anno scolastico 2016/2017, disposto dall’art.1, comma 108, della stessa legge, reso operativo dal CCNI dell’8 aprile 2016 e dalla contestuale e conseguente ordinanza MIUR n.241/2016 dell’8 aprile 2016.

Assistiamo anche, sempre in questi giorni, ma in forme meno clamorosamente mediatiche rispetto a quelle della mobilità professionale dei docenti, al dramma di decine di migliaia di docenti precari “storici”, in particolare I.T.C. (insegnanti tecnico-pratici), abilitati PAS e TFA che, per la mera circostanza di non aver potuto accedere alle GAE (graduatorie provinciali ad esaurimento) bloccate dal 2007, inseriti nelle graduatorie di istituto o di circolo di II fascia e con 36 mesi di servizio anche non continuativi nella scuola pubblica, sono stati obbligati a partecipare ai concorsi pubblici per titoli ed esami aperti a tutti gli abilitati e banditi nel 2016 in violazione di norme imperative di legge, nonostante, come vedremo, l’art.4, comma 6, D.L. n.101/2013 del Governo Letta avesse previsto anche per essi, come per decine di migliaia di colleghi iscritti nelle graduatorie concorsuali per titoli ed esami e/o nelle GAE, la possibilità di essere immessi in ruolo in via ordinaria.

Assistiamo anche, sempre in questi giorni, al dramma silenzioso di decine di migliaia di docenti precari non “storici” o meno storici (ma pur in possesso di molti titoli di servizio anche nelle scuole paritarie anche in misura superiore ai 36 mesi di servizio scolastico, senza però il possesso dei 36 mesi di servizio nella scuola pubblica), in particolare abilitati PAS e TFA che, per la mera circostanza di non aver potuto accedere alle GAE (graduatorie provinciali ad esaurimento) bloccate dal 2007, inseriti nelle graduatorie di istituto o di circolo di II fascia, sono stati obbligati a partecipare ai concorsi pubblici per titoli ed esami aperti a tutti gli abilitati e banditi nel 2016 in violazione di norme imperative di legge, nonostante, come vedremo, la legge n.107/2015, in violazione delle ordinarie procedure di legge previste dall’art.399 D.Lgs. n.297/1994, abbia previsto l’immissione in ruolo di abilitati SSIS o idonei a graduatorie concorsuali con titoli di servizio inferiori rispetto ai docenti pretermessi, per la mera circostanza di essere iscritti nelle graduatorie ad esaurimento, pur a parità di titolo abilitante.

Per migliaia di essi si apre lo scenario inquietante della precarietà a tempo indeterminato dall’anno scolastico 2016/2017, non avendo superato un concorso pubblico che è stato condotto, dalle informazioni ampiamente raccolte su internet e facilmente riscontrabili, con modalità di tale superficialità e mancanza di trasparenza da creare grande sconcerto in chi, come lo scrivente, continua a credere che la pubblica amministrazione abbia molti difetti ma anche tantissimi pregi, soprattutto quando rispetta e applica per tutti le stesse regole.

Riteniamo di avere particolari obblighi morali di informazione dell’opinione pubblica e dei docenti interessati rispetto a questo vero e proprio sfascio della scuola pubblica sulle sue cause, sui suoi effetti, e su quali sono le azioni esperibili a tutela dei diritti barbaramente lesi.

Gli obblighi morali di informazione derivano dal fatto di aver entrambi partecipato agli atti difensivi e alle udienze pubbliche del 27 marzo 2013 e del 17 maggio 2016 davanti alla Corte costituzionale nelle cause sul precariato scolastico, conclusesi con la sentenza n.187/2016 e con le due ordinanze nn.194-195/2016 del 20 luglio 2016; di aver fatto osservazioni scritte e orali, compresa la partecipazione all’udienza del 27 marzo 2014, nei giudizi pregiudiziali proposti dal Tribunale di Napoli (cause C-22/13, C-61/13, C-62/13, C-63/13) e dalla Corte costituzionale (causa C-418/13) e risolti dalla Corte di giustizia con la nota sentenza Mascolo del 26 novembre 2014, che riguarda anche il precariato pubblico non scolastico degli asili comunali; di aver predisposto gli atti difensivi e discusso oralmente il 1° dicembre 2015 le cause sul precariato pubblico, decise dalla Cassazione a Sezioni unite, tra le altre, con la sentenza n.5072/2016 del 15 marzo 2016; di aver già impugnato la sentenza n.5072/2016 delle Sezioni unite davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo e di aver denunciato all’udienza del 17 maggio 2016 davanti alla Corte costituzionale la fragrante violazione delle norme interne e delle norme europee della stessa decisione, oltre che la inadeguatezza della legge n.107/2015 a risolvere i problemi del precariato storico scolastico[1].

Tutto quanto innanzi descritto, nella sua caoticità e nella sua complessiva insensatezza per le ingiustificate deroghe alle ordinarie regole di reclutamento e di mobilità professionale del personale scolastico docente, a parere di chi scrive finisce, più o meno inconsapevolmente nelle intenzioni del legislatore della 107, per salvaguardare sicuramente la situazione soggettiva e l’iter di crescita professionale e di stabilità familiare e lavorativa di una persona, la prof.ssa Agnese Landini, moglie dell’attuale Presidente del Consiglio dei Ministri.

La prof.ssa Landini all’inizio dell’anno scolastico 2014/2015 era iscritta in posizione n.35 della graduatoria di III fascia delle GAE nella provincia di Firenze sulla classe di concorso A051 “Materie letterarie e latino nei licei e negli istituti magistrali”, in quanto in possesso del titolo abilitante SSIS ma non avendo superato il concorso 2012 (per il quale era stata individuata una disponibilità di posti vacanti e disponibili di sole 16 cattedre per la classe di concorso A051 su tutto il territorio regionale della Toscana, come segnalato a pag.21 del DDG n.82/2012). Né risulta possedesse il requisito dei 36 mesi di servizio anche non continuativo presso la pubblica amministrazione scolastica, condizione necessaria per poter partecipare ai concorsi riservati previsti dal Governo Letta con l’art.4, comma 6, D.L. n.101/2013. In conseguenza, fino all’anno scolastico 2016/2017 vi era la ragionevole previsione che non avrebbe potuto accedere al reclutamento stabile neanche con il piano ordinario di immissioni in ruolo su posti vacanti e disponibili previsto dall’art.15, comma 1, D.L. n.104/2013, e avrebbe dovuto accontentarsi di supplenze temporanee di breve durata fino all’eventuale superamento del concorso pubblico per titoli ed esami da espletare dopo il 31 dicembre 2016. La prof.ssa Landini è stata invece assunta, a seguito del piano “straordinario” di immissioni, con la fase “C” e le è stata assegnata “in via provvisoria” per l’anno scolastico 2015/2016 la stessa cattedra presso il Liceo Balducci di Pontassieve (FI), luogo di residenza, su cui prestava servizio con supplenza fino al termine delle attività didattiche fino al 30 giugno 2016, superando l’anno di formazione e prova e beneficiando anche della stabilità lavorativa presso la stessa sede anche dopo la fase di mobilità professionale straordinaria dall’anno scolastico 2016/2017. Salvo, poi, naturalmente, ricevere la chiamata “diretta” del Dirigente scolastico a Firenze, nuova sede lavorativa ad personam.

Per comodità espositiva, avendo comunque individuato uno dei tantissimi fortuiti beneficiari degli errori commessi dal MIUR prima e dal legislatore poi, che hanno portato alla legge n.107/2015 sulla “Buona scuola”, si è ritenuto così di definire la c.d. riforma “di sistema” – le virgolette sono state inserite dalla Corte costituzionale nell’ordinanza n.195/2016 sui precari dei Conservatori di musica, evidentemente inserite in senso ironico da parte della Consulta, visto che si tratta di una riforma di sistema dell’istruzione e formazione scolastica che non ha cambiato sostanzialmente nulla e che non prevede l’immissione in ruolo straordinaria dei docenti delle Fondazioni lirico-musicali – come riforma “Agnese”.

La sentenza n.187/2016 della Corte costituzionale consente di far luce e di risolvere molte delle criticità derivanti dalla estrema gravità dei comportamenti assunti dalla pubblica amministrazione scolastica sia nei confronti di decine di migliaia di docenti assunti nelle c.d. fasi b) e c) dell’art.98 della legge n.107/2015 del c.d. piano straordinario di assunzioni del precariato scolastico sia di decine di migliaia di docenti rimasti precari nonostante l’abilitazione all’insegnamento come I.T.C., PAS o TFA e il raggiungimento dei 36 mesi di servizio nella scuola pubblica, occorre ripercorrere le vicende legislative e giurisprudenziali che hanno condotto all’attuale situazione di “follia” nella gestione organizzativa del lavoro in un fondamentale settore del pubblico impiego.

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  1. Il piano “straordinario” di assunzioni dei docenti della legge n.107/2015 e la sentenza n.187/2016 della Corte costituzionale

Come è noto, il “sedicente” piano assunzionale straordinario è stato determinato dagli esiti della sentenza “Mascolo” del 26 novembre 2014 della Corte di giustizia dell’Unione europea nelle cause riunite C-22/13, C-61/13, C-62/13, C-63/13 e C-418/13, intervenuta sulle (prime) quattro controversie pregiudiziali sollevate dal Tribunale di Napoli e sull’ordinanza pregiudiziale n.207/13 della Corte costituzionale, che ha così concluso: «La clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura nell’allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che autorizzi, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi per l’espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo qualsiasi possibilità, per tali docenti e detto personale, di ottenere il risarcimento del danno eventualmente subito a causa di un siffatto rinnovo. Risulta, infatti, che tale normativa, fatte salve le necessarie verifiche da parte dei giudici del rinvio, da un lato, non consente di definire criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di tali contratti risponda effettivamente ad un’esigenza reale, sia idoneo a conseguire l’obiettivo perseguito e sia necessario a tal fine, e, dall’altro, non prevede nessun’altra misura diretta a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato.».

In effetti, la Corte costituzionale, applicando le conclusioni della sentenza “Mascolo” della Cgue che qualifica espressamente come “ius superveniens” in subiecta materia (cfr. ordinanze nn.194 e 195 del 2016 del Giudice delle leggi[2]), con la sentenza n.187 del 20 luglio 2016 ha dichiarato «l’illegittimità costituzionale, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, dell’art. 4, commi 1 e 11, della legge 3 maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico), nella parte in cui autorizza, in mancanza di limiti effettivi alla durata massima totale dei rapporti di lavoro successivi, il rinnovo potenzialmente illimitato di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza che ragioni obiettive lo giustifichino.».

In particolare, la Corte costituzionale evidenzia al punto 18.1 della motivazione, con specifico riferimento alla stabilizzazione dei docenti precari: «Per i docenti, si è scelta la strada della loro stabilizzazione con il piano straordinario destinato alla «copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell’organico di diritto». Esso è volto a garantire all’intera massa di docenti precari la possibilità di fruire di un accesso privilegiato al pubblico impiego fino al totale scorrimento delle graduatorie ad esaurimento, secondo quanto previsto dal comma 109 dell’art. 1 della legge n. 107 del 2015, permettendo loro di ottenere la stabilizzazione grazie o a meri automatismi (le graduatorie) ovvero a selezioni blande (concorsi riservati). In tal modo vengono attribuite serie e indiscutibili chances di immissione in ruolo a tutto il personale interessato, secondo una delle alternative espressamente prese in considerazione dalla Corte di giustizia. La scelta è più lungimirante rispetto a quella del risarcimento, che avrebbe lasciato il sistema scolastico nell’attuale incertezza organizzativa e il personale in uno stato di provvisorietà perenne; una scelta che – va sottolineato – richiede uno sforzo organizzativo e finanziario estremamente impegnativo e che comporta un’attuazione invero peculiare di un principio basilare del pubblico impiego (l’accesso con concorso pubblico), volto a garantire non solo l’imparzialità ma anche l’efficienza dell’amministrazione (art. 97 Cost.).».

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  1. L’inadempimento dello Stato italiano alla direttiva 1999/70/CE per il precariato scolastico e l’inammissibilità delle ordinanze di legittimità costituzionale, per mancata indicazione della sanzione della stabilizzazione. Le ordinanze nn.206 e 207/2013 della Corte costituzionale

Per quanto riguarda la parte dispositiva, la sentenza Mascolo della Corte di giustizia accoglie integralmente le seguenti due domande di rinvio pregiudiziale Ue della Corte costituzionale nell’ordinanza del 18 luglio 2013, n.207: «– se la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE debba essere interpretata nel senso che osta all’applicazione dell’art. 4, commi 1, ultima proposizione, e 11, della legge 3 maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico) – i quali, dopo aver disciplinato il conferimento di supplenze annuali su posti «che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre», dispongono che si provvede mediante il conferimento di supplenze annuali, «in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale docente di ruolo» – disposizione la quale consente che si faccia ricorso a contratti a tempo determinato senza indicare tempi certi per l’espletamento dei concorsi e in una condizione che non prevede il diritto al risarcimento del danno; – se costituiscano ragioni obiettive, ai sensi della clausola 5, punto 1, della direttiva 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE, le esigenze di organizzazione del sistema scolastico italiano come sopra delineato, tali da rendere compatibile con il diritto dell’Unione europea una normativa come quella italiana che per l’assunzione del personale scolastico a tempo determinato non prevede il diritto al risarcimento del danno.».

Tuttavia, la risposta della Corte di giustizia alle istanze pregiudiziali proposte dalla Corte costituzionale (e dal Tribunale di Napoli) ha abbracciato anche le (vane) sollecitazioni del Giudice delle leggi ai Giudici nazionali con l’ordinanza n.206 del 18 luglio 2013 di (ri)proporre le questioni di legittimità costituzionale collegate al sistema di reclutamento scolastico limitandole alle norme che impedivano l’applicazione di una tutela effettiva di stabilizzazione del posto di lavoro, come l’art.4, comma 14-bis, della legge n.124/1999 e l’art.10, comma 4-bis, del D.Lgs. n.368/2001.

Infatti, con l’ordinanza n.206/2013 la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art.4, comma 1, della legge n.124/1999 proposte dal Tribunale di Trento con cinque ordinanze nn.283 e 284 del 2011 e nn.31, 32 e 130 del 2012 in termini identici a quelli dichiarati (invece) ammissibili delle due ordinanze nn.143 e 144 del 2012 del Tribunale di Roma e delle due ordinanze nn.248 e 249 del 2012 del Tribunale di Lamezia Terme, queste ultime quattro ordinanze sia oggetto della richiesta di rinvio pregiudiziale con l’ordinanza n.207/2013 e poi decise con la sentenza n.187/2016.

Così ha giustificato la Corte costituzionale il trattamento differenziato (inammissibilità per il Tribunale di Trento; rinvio pregiudiziale per i Tribunali di Roma e Lamezia Terme) di ordinanze con identico contenuto motivazionale e identica norma di legge di cui veniva richiesta la declaratoria di illegittimità costituzionale – art.4, comma 1, della legge n.124/1999 – per violazione degli artt.11 e 117, comma 1, Cost. in relazione alla clausola 5 dell’accordo quadro comunitario sul lavoro a tempo determinato, recepito dalla direttiva 1999/70/CE: «considerando….che la generale preclusione della possibilità di trasformare i contratti a tempo determinato nel settore pubblico in contratti a tempo indeterminato è stata specificamente ribadita per il settore scolastico con l’inserimento – previsto dall’art. 1, comma 1, decreto-legge 25 settembre 2009, n. 134 (Disposizioni urgenti per garantire la continuità del servizio scolastico ed educativo per l’anno 2009-2010), convertito con modifiche dall’art. 1, comma 1, della legge 24 novembre 2009, n. 167 – del comma 14-bis nell’art. 4 della legge n. 124 del 1999, secondo il quale i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze di cui ai commi 1, 2 e 3 del medesimo articolo «possono trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato solo nel caso di immissione in ruolo»; che il successivo art. 9, comma 18, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 12 luglio 2011, n. 106 – disposizione della quale fa menzione anche il giudice a quo – nell’aggiungere il comma 4-bis all’art. 10 del d.lgs. n. 368 del 2001, ha previsto che sono esclusi dall’applicazione di quel decreto «i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente ed ATA, considerata la necessità di garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo anche in caso di assenza temporanea del personale docente ed ATA con rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed anche determinato»; che la norma ora richiamata ha altresì stabilito che non trova applicazione, al personale scolastico, l’art. 5, comma 4-bis, del medesimo decreto n. 368 del 2001, che è la disposizione in base alla quale, in caso di reiterazione di contratti a termine, fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per un tempo complessivamente superiore ai trentasei mesi, comprensivi di proroghe e rinnovi, il contratto si considera a tempo indeterminato; che, pur essendo le due disposizioni rimesse allo scrutinio di questa Corte tra loro diversel’art. 4, comma 1, della legge n. 124 del 1999, infatti, prevede solo il conferimento di supplenze annuali su cattedre effettivamente vacanti e disponibili, mentre l’art. 93 della legge prov. Trento n. 5 del 2006 dispone una durata biennale e triennale dei contratti anche su posti «disponibili e non vacanti»è evidente che entrambe rimangono estranee al problema della possibile trasformazione dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato; che, pertanto, aver sottoposto all’esame di questa Corte le sole disposizioni ora richiamate comporta un’incompletezza della ricostruzione del quadro normativo ed una conseguente inefficacia dell’ipotetica pronuncia di accoglimento ai fini della decisione della domanda giudiziale concretamente posta al Tribunale di Trento.».

In base al combinato disposto delle due ordinanze nn.206 e 207 del 2013 del Giudice delle leggi, dunque, tutte le dieci ordinanze di legittimità costituzionale dei Tribunali di Trento (n.6), di Roma (n.2) e di Lamezia Terme (n.2) sull’art.4, comma 1, della legge n.124/1999 (di cui una n.91/2012 sull’art.2, comma 6, della legge n.508/1999, cioè sull’analoga norma prevista per il reclutamento dei docenti dei Conservatori di musica, che comunque rimanda al reclutamento di cui all’art.4 della legge n.124/1999) erano inammissibili, perché proponevano una declaratoria di illegittimità costituzionale della norma che autorizzava le assunzioni con supplenza annuale, per contrasto con la direttiva 1999/70/CE, senza però individuare la sanzione rispetto all’eventuale censura della Corte costituzionale, se non attraverso la generica possibilità di accogliere la domanda di risarcimento dei danni ai sensi dell’art.36, comma 5, del D.Lgs. n.165/2001, nel caso di declaratoria di incostituzionale della norma sul legittimo reclutamento scolastico per supplenze annuali.

Infatti, il presupposto da cui partivano tutti i Giudici nazionali era la mancanza di tutele preventive nel sistema di reclutamento scolastico e quindi l’incompatibilità con la clausola 5, n.1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, ma tale presupposto muoveva da argomentazioni erronee, cioè che il d.lgs. n.368/2001 e, in particolare, la clausola di durata dei 36 mesi di cui all’art.5, comma 4-bis non si applicava al settore scolastico per la sua assoluta specialità, come confermato dalle due norme dell’art.4, comma 14-bis.

Tuttavia, sul punto le ordinanze del Tribunale di Roma e di Lamezia Terme divergevano profondamente da quelle di Trento.

Le prime (che in realtà erano state proposte successivamente a quelle del Tribunale di Trento e ne ricalcavano sostanzialmente l’impianto motivazionale, come detto) ammettevano l’applicazione del d.lgs. n.368/2001 anche al pubblico impiego scolastico, ma ne escludevano gli effetti della riqualificazione a tempo indeterminato dei rapporti a termine in ragione del divieto di conversione posto dall’art.36, comma 5, d.lgs. n.165/2001, avallato dalla Corte costituzionale con la sentenza n.89/2003 sui collaboratori scolastici e, quindi, sullo stesso sistema di reclutamento scolastico dell’art.4, commi 1 e 11, della legge n.124/1999.

La stessa Corte di giustizia con la sentenza Marrosu-Sardino del 7 settembre 2006 nella causa C-53/04 aveva optato, inizialmente, per la compatibilità comunitaria prima facie dell’art.36, comma 5 (all’epoca comma 2), d.lgs. n.165/2001 proprio accettando questa ricostruzione giuridica delle norme interne in materia proposta dalla Corte costituzionale e seguita dai Giudici nazionali (cfr. sentenza Marrosu-Sardino, punto 55).

Viceversa, le sei ordinanze del 2011-2012 del Tribunale di Trento escludevano tassativamente l’applicabilità del d.lgs. n.368/2001 sulla base di un argomento erroneo, e cioè che l’art.70, comma 8, primo periodo, d.lgs. n.165/2001 estendeva le norme del decreto anche al settore della scuola, ma il d.lgs.n.368/2001 non era citato tra le fonti regolative del contratto a tempo determinato, dal momento che l’art.36, comma 2, d.lgs. n.165/2001 nella versione trascritta dal Tribunale di Trento citava ancora la legge n.230/1962. Non si era accorto il Tribunale di Trento, purtroppo, che il d.lgs. n.368/2001 era stato inserito al posto della legge n.230/1962 dal Governo Berlusconi con decorrenza dal 25 giugno 2008, con le modifiche introdotte dall’art.49 del d.l. n.112/2008 la nuova versione dell’art.36, comma 2, d.lgs. n.165/2001.

Insomma, il Tribunale di Trento affermava la totale inapplicabilità del d.lgs. n.368/2001 a conferma dell’integrale inadempimento del legislatore nazionale nel recepire la direttiva 1999/70/CE per il settore scolastico, nonostante la Corte di giustizia al punto 48 della ordinanza Affatato del 1 ottobre 2010 nella causa C-3/10 avesse valutato applicabile a tutto il pubblico impiego, e quindi anche a quello scolastico, la sanzione della trasformazione a tempo indeterminato dei contratti a termine successivi al superamento dei 36 mesi di servizio anche non continuativi con mansioni equivalenti, recependo le espresse indicazioni del Governo italiano al punto 67 delle osservazioni scritte dell’Avvocatura dello Stato.

Il Tribunale di Trento, come quelli di Roma e Lamezia Terme, infatti, si era affidato sul punto ad autorevole dottrina[3], che aveva neutralizzato gli effetti dell’ordinanza Affatato, (a giudizio di chi scrive) apoditticamente rilevando che l’affermazione della Corte di giustizia sull’adeguatezza sanzionatoria dell’art.5, comma 4-bis, d.lgs. n. 368/2001 era un obiter dictum, un’affermazione incidentale senza alcun valore sostanziale.

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  1. Il contrasto in Cassazione sulla tutela dei diritti dei precari pubblici tra la linea “Canzio” e la linea “Mattone”

Come è noto, per neutralizzare le questioni di legittimità costituzionale proposte dal Tribunale di Trento con le prime due ordinanze di legittimità costituzionale sul precariato scolastico nn.283 e 284 del 2011, ed impedire la proliferazione del contenzioso sul risarcimento dei danni per abusivo ricorso ai contratti a tempo determinato nel pubblico impiego, con sentenza n.392/2012 del 13 gennaio 2012 la Cassazione fissava il principio di diritto che era onere esclusivo del lavoratore quello di provare il risarcimento del danno subito in caso di abusivo ricorso al contratto a termine nel pubblico impiego e che il d.lgs. n.368/2001 e, in particolare, l’art.5 sui contratti successivi non si applicava ai lavoratori precari pubblici, non operando la conversione in contratto a tempo indeterminato, come sarebbe stato confermato dall’ordinanza Affatato della Corte di giustizia, che ovviamente (almeno per chi scrive) afferma l’esatto contrario. Il Relatore della causa si rifiutava di scrivere e firmare la decisione.

La sentenza n.392/2012 della Cassazione viene “protetta” nella sua apodittica affermazione di compatibilità della disciplina nazionale con l’ordinamento Ue dalla relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2011 del 26 gennaio 2012, che a pag. 18 richiama la sentenza del 20 settembre 2011 della Corte EDU nel caso Ullens de Schooten e Rezabek c. Belgio, che il mancato adempimento dell’obbligo di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia previsto per gli organi di ultima istanza dall’art. 267 TFUE non dà luogo ad una violazione dell’art. 6 par. 1, della Cedu quando sia fornita adeguata motivazione dalla Cassazione del mancato rinvio. Il che equivale, implicitamente, ad affermare che è sufficiente per il Giudice di ultima istanza motivare il rifiuto di adempiere all’obbligo di rinvio pregiudiziale, come avverrà con la sentenza n.10127/2012, a prescindere dalla fondatezza della motivazione.

E infatti, con decreto del 1 marzo 2012[4] il Presidente della Corte di appello di Milano dott. Canzio – che dal 7 gennaio 2016 è diventato Primo Presidente della Cassazione pur avendo già compiuto il 71° anno di età – ha riorganizzato i ruoli di udienza della Sezione lavoro della Corte di appello per n.1080 cause definite “seriali” del contenzioso scuola e di Poste italiane, di cui n.420 cause di stabilizzazione e/o risarcimento danni e/o anzianità di servizio dei docenti precari della scuola pubblica, da decidere entro il 31 dicembre 2012 secondo un apposito calendario, assegnandole per la trattazione in udienze tematiche a rotazione a Giudici Relatori della stessa Corte di appello non inseriti nell’organico della Sezione specializzata ma del ruolo civile, che non si erano mai occupati di controversie di lavoro.

A tempo di record vengono così decise in data 11 maggio 2012 da un Collegio composto anche da magistrati togati specializzati, ma con la presenza nei Collegi come Relatori soltanto di Giudici non specializzati, ben 90 cause di stabilizzazione e/o risarcimento dei danni e/o anzianità di servizio di docenti supplenti del MIUR, con esito totalmente negativo per i lavoratori precari senza riconoscimento di alcun diritto, ivi compresa l’anzianità di servizio che invece in precedenti decisioni la CDA di Milano in composizione ordinaria aveva riconosciuto. Le sentenze vengono tutte depositate in data 15 maggio 2012 e risultano scritte dal dott. Canzio sia formalmente (n.30) sia sostanzialmente, perché nelle altre 60 redatte formalmente dagli altri Giudici non specializzati si fa espresso richiamo interno alla decisione “madre” del dott. Canzio, che però presiedeva un altro Collegio.

Il giorno stesso del deposito delle 90 sentenze negative dei docenti MIUR in data 15 maggio 2012, Presidente ed Estensore un Giudice non specializzato, la CDA di Milano – Sezione lavoro con sentenza n.839/2012 ha cambiato nel dispositivo, rigettando il ricorso del lavoratore, l’orientamento favorevole ai lavoratori della stessa Corte di appello sulla successione dei contratti a tempo determinato di Poste italiane ai sensi dell’art. 2, comma 1-bis, d.lgs. n.368/2001 con la sentenza n.505/2010, nonostante i 2/3 dei componenti dei Collegi della CDA di Milano nelle sentenze nn.505/2010 e 839/2012 fossero identici e identiche le fattispecie di due contratti acausali del 2007 e del 2008.

La protesta della Corte di appello di Milano – Sezione lavoro rispetto all’ingerenza del Presidente della stessa Corte sui processi in corso portava il giorno dopo, 16 maggio 2012, con sentenza n.860/2012, depositata l’11 giugno 2012, la CDA meneghina a confermare l’orientamento della sentenza n.505/2010. La Corte di appello di Milano ribadiva che l’art.5, comma 4-bis, d.lgs. n.368/2001 si applicava soltanto a decorrere dal 1° aprile 2009 e quindi non aveva né letteralmente né logicamente natura retroattiva. La sentenza negativa per il lavoratore n.839/2012 della CDA di Milano veniva depositata soltanto in data in data 19/7/2013, dopo ben 14 mesi. La Corte di appello di Milano – Sezione lavoro tornava anche al precedente orientamento sul riconoscimento dell’anzianità di servizio del personale supplente scolastico, favorevole per i lavoratori prima dell’era Canzio.

Nel contempo, in Cassazione si tentava di porre un argine alla deriva autarchica della linea “Canzio” sul diniego di ogni tutela del precariato pubblico scolastico e di Poste, organizzando un Convegno il 14 giugno 2012 su “Il lavoro a termine nelle pubbliche amministrazioni: profili discriminatori”, svoltosi proprio nell’Aula Magna della Suprema Corte, organizzato da Rivista giuridica del lavoro, Magistratura democratica e Agi Lazio, presieduto dal dott. Sergio Mattone. In quella sede tutti i relatori sostennero che la Corte di giustizia aveva affermato principi opposti a quelli affermati nella sentenza “Canzio” sul precariato scolastico, in direzione di un rafforzamento della tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori pubblici precari.

Puntualmente, sei giorni dopo la Cassazione con sentenza n.10127 del 20 giugno 2012, con il solito sistema di fissare a tempo di record dopo soli cinque mesi dall’iscrizione a ruolo della causa la discussione del ricorso, confermava la linea “Canzio” sul diniego assoluto di tutele antiabusive per i supplenti della scuola pubblica, affermando che il sistema di reclutamento scolastico era legittimo e compatibile con l’ordinamento comunitario e con le sentenze Angelidaki[5] e Kücük[6] della Corte di giustizia e diffidando i Giudici nazionali a non rivolgersi alla Corte di Lussemburgo per chiedere chiarimenti, perché la sentenza Ullens de Schooten e Rezabek c. Belgio della Cedu, secondo la Suprema Corte, consentiva il legittimo e motivato rifiuto del rinvio pregiudiziale.

Come nelle ordinanze del Tribunale di Trento, la Cassazione nella sentenza n.10127/2012 afferma l’inapplicabilità del d.lgs. n.368/2001 con un gioco di prestigio giuridico, facendo cioè sparire il primo periodo dell’art.70, comma 8, d.lgs. n.165/2001 e il richiamo interno all’art.36, comma 2, dello stesso decreto, in modo tale da occultare il richiamo al d.lgs. n.368/2001 che in quest’ultima norma era espressamente contenuto. Il malcapitato docente a cui è stato negato ogni diritto è un insegnante I.T.C. che aveva superato i 36 mesi nella scuola pubblica, cui è stata negata per sempre ogni tutela per aver negato la legge n.107/2015 ogni possibilità di immissione in ruolo a questa categoria di docenti abilitati con vari anni di precariato.

Sempre contestualmente all’affermarsi della linea “Canzio” di negazione della tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori pubblici, con circolare del 14 maggio 2012 n.65934 il Ministero della Giustizia è intervenuto ad interpretare le disposizioni contenute nell’art.37 D.L. n.98/2011 in materia di spese di giustizia, accentuando la alterazione del giusto processo già resa manifesta dalla gratuità fiscale concessa a tutte le pubbliche amministrazioni dall’art.158 D.P.R. n.115/2002[7].

In particolare, da quel momento si è affermata illecitamente e contra legem la prassi amministrativa secondo cui per tutti i processi concernenti le controversie individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego, nonché le controversie di previdenza ed assistenza obbligatorie dinanzi alla Corte di Cassazione, è obbligatorio versare sempre il contributo unificato di € 1.036,00 (inizialmente era di 900,00), mentre tale contributo non è affatto dovuto se il ricorrente lavoratore non supera il reddito “personale” (e non del nucleo familiare) annuale di € 34.585,23, quale risultante dall’ultima dichiarazione dei redditi; nel caso di superamento del reddito individuale, invece, andrebbe versato (soltanto) il contributo di € 518 se ci manteniamo nello scaglione delle cause di valore indeterminabile (art.13, co.1, e art.9, co.1-bis, D.P.R. n.115/2002).

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  1. La normativa “salva Canzio” del 2014-2016 per assicurare il rapido smaltimento dei giudizi in Cassazione e la normativa “salva Matteo” del 2014 per assicurare al beneficiario l’impunibilità da responsabilità erariale e un sereno premierato da “non addetto ai lavori”

 

Strettamente collegata a questa devastante vicenda di alterazione delle regole processuali, va ricordato che il tetto di pensionamento del 70° anno di età era stato fissato per tutti i giudici nazionali della magistratura ordinaria, amministrativa e contabile con l’art.1 (titolato “Disposizioni per il ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni”), comma 3[8], d.l. n.90/2014, senza alcun regime transitorio. In base a questa disposizione nel testo originario il dott. Giovanni Canzio, nato il 1 gennaio 1945, sarebbe andato in pensione con decorrenza dal 1 gennaio 2015 come Presidente della Corte di appello di Milano, senza poter concorrere a nessun altro incarico dirigenziale. In base alla stessa disposizione il dott. Martino Colella, Presidente della I Sezione giurisdizionale centrale di appello della Corte dei Conti, nato il 7 ottobre 1945, sarebbe andato in pensione con decorrenza dal 7 ottobre 2015 senza poter concorrere ad altro incarico dirigenziale. In base alla medesima norma nel testo originario, il dott. Claudio Galtieri, nato il 1 gennaio 1947, Presidente della sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Lombardia, sarebbe andato in pensione con decorrenza dal 1 gennaio 2017 senza poter concorrere a nessun altro incarico dirigenziale.

Tuttavia, quasi un anno prima del D.L. n.90/2014 durante il Governo Letta il dott. Matteo Renzi, laureato in giurisprudenza, già Presidente della Provincia di Firenze e ancora Sindaco di Firenze, in data 17 luglio 2013 ha depositato il ricorso in appello n. 46112 davanti alla Corte dei Conti centrale in sede giurisdizionale, impugnando la sentenza non definitiva n.282/2011, pubblicata il 4 agosto 2011, confermata dalla sentenza definitiva n.227/2012, pubblicata il 9 maggio 2012, con cui la sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Toscana aveva condannato lo stesso Renzi per danno erariale per complessivi € 14.535,12 commesso come Presidente della Provincia di Firenze, unitamente ad altri dirigenti e funzionari dell’ente territoriale.

Nessuno degli altri condannati per danno erariale aveva proposto appello avverso le due sentenze della Corte dei Conti della Regione Toscana, nonostante nella sentenza definitiva n.227/2012 si dà atto al punto 1 che avevano proposto riserva di appello avverso la sentenza non definitiva n.282/2011 ai sensi dell’art.340 c.p.c., «oltre al Pubblico Ministero, anche i difensori di: BARDUCCI, BARTOLI, CASSI, CIANFANELLI, GIGLIOLI, GIORGETTI, MARTINI, MASI, NARDINI, PALUMBO, ROMANELLI, ROSELLI e STROCCHIA alcuni dei condannati», ma non Matteo Renzi, riserva di appello che poteva essere fatta soltanto fino all’udienza dell’11 gennaio 2012.

La condanna per danno erariale concerneva l’illegittimità dell’assunzione come collaboratori dell’Ufficio di Staff della Presidenza della Provincia di Toscana, ai sensi dell’art.90 D.Lgs. n.267/2000, personale non in possesso dei titoli culturali e professionali (mancanza del titolo di laurea) rispetto all’inquadramento riconosciuto (categoria D e non C CCNL Comparto Enti locali).

La particolarità dell’appello proposto il 17 luglio 2013 dal Presidente Renzi avverso le due sentenze della sezione giurisdizionale toscana della Corte dei Conti era l’apparente inammissibilità, essendo già decorso il termine annuale (compreso il periodo di sospensione feriale dei termini di 46 giorni all’epoca vigente, prima della riduzione) rispetto alla sentenza non definitiva pubblicata il 4 agosto 2011, su cui peraltro dalla lettura della sentenza non definitiva risulterebbe non era stata proposta riserva di gravame e, così, essere già maturato nel giudizio di primo grado la inappellabilità della decisione.

Altra particolarità di questo giudizio di appello è la costituzione in data 19 novembre 2014 di memorie di costituzione di sette dirigenti e funzionari, già condannati (n.5) o assolti (n.2) nelle due sentenze di primo grado, per chiedere il passaggio in giudicato delle due sentenze. Inoltre, tre dei dirigenti e funzionari condannati in primo grado, pur non avendo fatto alcuna riserva di gravame avverso la sentenza non definitiva, in data 4 dicembre 2014 hanno presentato una comparsa di costituzione adesiva all’appello del Presidente Renzi ai sensi dell’art.66 R.D. n.1038/1933, per chiedere l’annullamento e/o la riforma delle due sentenze di 1° grado. Secondo la sentenza n.18/2003 delle Sezioni riunite della Corte dei Conti nel giudizio di responsabilità amministrativa l’unitarietà e parziarietà dell’obbligazione risarcitoria nei confronti di più responsabili per un unico fatto dannoso implica, in grado di appello, il litisconsorzio processuale necessario tra tutti i soggetti presenti in primo grado quando oggetto del gravame sia l’esistenza o la quantificazione e la ripartizione del danno fatto valere nell’originario atto di citazione della Procura.

Il giudizio di appello è stato assegnato alla I Sezione giurisdizionale centrale di appello della Corte dei Conti, Presidente il dott. Martino Colella (che avrebbe potuto accedere alla pensione fino a 75 anni al 7 ottobre 2020, senza la modifica apportata successivamente dall’art.1, comma 3, del D.L. n.90/2014), componenti anche il dott. Mauro Orefice (Relatore) e il dott. Piergiorgio Della Ventura, eletti nel Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti, insediatosi il 15 ottobre 2013 e con durata di quattro anni.

Contestualmente al tetto secco per il pensionamento a 70 anni per tutti i giudici, nello stesso D.L. 24 giugno 2014, n.90 l’art.11, comma 4 ha aggiunto all’art.90 del D.Lgs. n.267/2000 un comma 3-bis, che potremmo denominare “salva Renzi” perché chiaramente finalizzato a mandare assolto il Presidente nel giudizio di appello per responsabilità erariale in cui era stato condannato in 1° grado proprio per la colpa nella scelta dei collaboratori dell’Ufficio di staff privi di titolo di laurea per essere inquadrati nella categoria D, con poteri gestionali: «3-bis. Resta fermo il divieto di effettuazione di attività gestionale anche nel caso in cui nel contratto individuale di lavoro il trattamento economico, prescindendo dal possesso del titolo di studio, é parametrato a quello dirigenziale.».

Sempre contestualmente, per accreditare la scelta del Governo Renzi di privilegiare le procedure concorsuali anche per l’accesso agli incarichi a contratto disposti dagli amministratori locali, per il futuro dopo aver nel passato sbagliato gli incarichi di staff per mancanza di titoli idonei, l’art.11, comma 1, dello stesso famigerato D.L. n.90/2014 modifica anche l’art.110, comma 1, D.Lgs. n.267/2000, prevedendo al 3° capoverso che gli incarichi a contratto per la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione sono conferiti previa selezione pubblica volta ad accertare, in capo ai soggetti interessati, il possesso di comprovata esperienza pluriennale e specifica professionalità nelle materia oggetto dell’incarico.

L’art.90, comma 3-bis, e l’art.110, comma 1, D.Lgs. n.267/2000, per intenderci, sono le due disposizioni “salva Matteo” che, in vigore dal 24 giugno 2014, hanno provocato nel loro confuso combinato disposto la crisi della Giunta Raggi, anche per un non esaltante parere negativo dell’ANAC rispetto all’incarico conferito come Capo di Gabinetto alla dott.ssa Raineri, peraltro già approvato dal CSM, parere che avrebbe quanto meno dovuto ricostruire la genesi delle stesse norme e la loro “ratio”, prima di censurare come privo di selezione pubblica l’incarico conferito ad una professionista che aveva già collaborato molto positivamente con la gestione commissariale di Roma Capitale.

Quindi, in buona sostanza, se l’incarico di staff era stato dato senza adeguato titolo di studio, chi aveva firmato l’incarico era esente da responsabilità amministrative («prescindendo dal titolo di studio posseduto»), mentre chi ha ricevuto l’incarico è responsabile nel caso effettui attività di gestione vietate anche se ha avuto responsabilità dirigenziale che non gli competeva rispetto al titolo di studio posseduto e al ruolo che avrebbe dovuto svolgere come componente di Ufficio di staff.

Per mostrare, poi, al mondo giudiziario una disponibilità a prorogare l’originario termine “secco” di pensionamento di tutti i magistrati al compimento del 70 anno di età, in sede di conversione con la legge n.114/2014 e con decorrenza dal 19 agosto 2014, su emendamento del Governo Renzi, è stata disposta una proroga al 31 dicembre 2015 dell’entrata in vigore del detto limite, estesa a tutti i giudici ordinari, amministrativi e contabili, compresi quindi i Giudici della Corte dei Conti, modificando l’art.1, comma 3[9], d.l. n.90/2014. Questa proroga, tuttavia, avrebbe impedito al dott. Canzio e al Colella di aver ulteriori incarichi rispetto a quelli all’epoca ricoperti, essendo per essi la pensione prevista con decorrenza per entrambi dal 1° gennaio 2016, anche se potevano sempre sperare in una seconda proroga nel 2015, secondo la nota tecnica del bastone e della carota usata per l’addestramento di alcuni animali.

Senonchè, all’udienza pubblica dell’11 dicembre 2014 è stato discusso il giudizio di appello proposto dal Presidente Renzi contro le due sentenze di 1° grado impugnate e la Procura generale si è limitata a chiedere il rigetto dell’appello e non la sua inammissibilità, peraltro chiarissima, mentre chiede l’inammissibilità delle richieste dei tre intervenuti in via adesiva, perché nei loro confronti le sentenze appellate erano passate in cosa giudicata.

Poco più di un mese dopo, il Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti con deliberazione del 13 gennaio 2015 delibera la nomina del dott. Martino Colella, Presidente della sezione I giurisdizionale centrale di appello della Corte dei Conti, quale Procuratore generale presso la Corte dei Conti, in quanto tale competente effettivo del Consiglio di Presidenza, mentre il dott. Galtieri è stato nominato Presidente della I sezione giurisdizionale centrale di appello della magistratura contabile.

Il 4 febbraio 2015 viene depositata la sentenza n.107/2015/A della Sezione I giurisdizionale centrale di appello della Corte dei Conti (Presidente Colella, Relatore Orefice) che assolve il Presidente Renzi accogliendone il ricorso – apparentemente inammissibile perché tardivo – contro le due sentenze di primo grado, condannando altresì l’Amministrazione anche alle spese di giudizio in favore dell’appellante Renzi, liquidate per € 3.000,00. La Corte dei Conti dichiara invece inammissibile la costituzione adesiva proposta dai tre dirigenti e funzionari della Provincia di Firenze, condannati in 1° grado, per il passaggio in giudicato delle due sentenze nei loro confronti, nonostante sussistesse, secondo le Sezioni riunite della Corte dei Conti nella sentenza n.18/2003 un litisconsorzio necessario tra tutti i condannati in primo grado.

Incredibile e pericolosissimo come precedente giurisprudenziale della magistratura contabile è il principio di diritto, che sostanzialmente esplicita il contenuto dell’art.90, comma 3-bis, D.Lgs. n.267/2000 senza però mai citarlo: «Ora, se è pur vero che il presidente Renzi ha indicato nominativamente i componenti della propria segreteria, cosa del resto assai naturale tenuto conto del rapporto fiduciario intercorrente tra il personale di tale ufficio ed il presidente della provincia; se è pur vero che il presidente Renzi ha preso visione dei relativi curricula, rendendolo ciò consapevole del livello culturale degli interessati; se è pur vero che i provvedimenti erano a firma del presidente della provincia; ciò nonostante, non può non considerarsi il fatto che l’istruttoria amministrativa, i pareri (ben quattro) resi nell’ambito dei procedimenti interessati e i relativi contratti sono stati curati dall’entourage amministrativo e dalla struttura amministrativa provinciale che hanno sottoposto all’organo politico una documentazione corredata da sufficienti, apparenti garanzie tanto da indurre ad una valutazione generale di legittimità dei provvedimenti in fase di perfezionamento. In ciò, invero, pur non ricorrendo gli estremi della cosiddetta “esimente politica”, questo Collegio ritiene di poter rilevare l’assenza dell’elemento psicologico sufficiente a incardinare la responsabilità amministrativa, in un procedimento amministrativo assistito da garanzie i cui eventuali vizi appaiono di difficile percezione da parte di un “non addetto ai lavori”.

Sulla base di queste motivazioni, questo Collegio ritiene dunque di poter escludere la sussistenza della responsabilità amministrativa in capo al sig.  Matteo Renzi per insussistenza dell’elemento psicologico, ritenendo assorbita in tale valutazione ogni altra eccezione e contestazione contenuta nell’atto di appello. Pertanto, questo Collegio, in riforma delle pronunce impugnate, manda assolto Matteo Renzi dagli addebiti contestatigli.».

Il laureato in giurisprudenza Matteo Renzi, diventato da amministratore locale «non addetto ai lavori» di alta amministrazione e di controllo degli atti firmati il Presidente del Consiglio dei Ministri «non addetto ai lavori» parlamentari perché non eletto, una settimana dopo la sentenza a lui favorevole ha ratificato la nomina a Procuratore generale della Corte dei Conti del dott. Colella, Presidente del Collegio che lo ha assolto.

Tuttavia, dopo le polemiche generate dalla sentenza di assoluzione della Corte dei Conti, il Governo Renzi con l’art.18, comma 1, D.L. n.83/2015 ha prorogato di un altro anno fino al 31 dicembre 2016 l’età per il pensionamento dei giudici, limitando la proroga ai giudici ordinari con incarichi direttivi o semidirettivi, evitando di concederla ai giudici amministrativi e contabili e così penalizzando per mera opportunità il povero dott. Colella andato in pensione il 31 dicembre 2015. La proroga, tuttavia, ha consentito al dott. Canzio[10], salvo per un giorno dal pensionamento con una norma strutturata su misura per salvaguardarne la continuità professionale, di diventare 1° Presidente della Cassazione il 7 gennaio 2016 a 71 anni per poco meno di un anno di servizio. Il dott. Berruti, purtroppo, noto per essere un maggior garante della tutela effettiva dei diritti fondamentali, era stato “promosso” a Presidente della Consob prima di poter competere per il posto da 1° Presidente della Cassazione.

Ovviamente, invece di aderire alla proposta dell’ANM di ripristinare come regime ordinario per il pensionamento di tutti i giudici l’età di 72 anni, con norma d’urgenza ad personam approvata con d.l. 31 agosto 2016, n.168, al fine di assicurare il rapido smaltimento del contenzioso pendente in Cassazione secondo il metodo “Canzio”, all’art.5 ha limitato il differimento al 31 dicembre 2017 del collocamento a riposo soltanto in favore degli incarichi apicali, direttivi superiori e direttivi in servizio presso la Cassazione, così salvando il dott. Canzio sempre per un giorno: «1. Al fine di assicurare la continuità negli incarichi apicali, direttivi superiori e direttivi presso la Suprema Corte di cassazione e la Procura Generale della Corte di cassazione, in ragione delle molteplici iniziative di riforma intraprese per la definizione dell’elevato contenzioso ivi pendente, gli effetti dell’articolo 1, comma 3, del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, sono ulteriormente differiti al 31 dicembre 2017 per i magistrati che ricoprono funzioni apicali, direttive superiori o direttive presso la Suprema Corte di cassazione e la Procura Generale, i quali non abbiano compiuto il settantaduesimo anno di età alla data del 31 dicembre 2016 e che debbano essere collocati a riposo nel periodo compreso fra la medesima data del 31 dicembre 2016 e il 30 dicembre 2017. Per tutti gli altri magistrati ordinari resta fermo il termine ultimo di permanenza in servizio stabilito dal citato articolo 1, comma 3, del decreto-legge n. 90 del 2014.».

Questa volta, con diversa formulazione, la proroga fino al 31 dicembre 2017 del pensionamento è stata concessa anche ai vertici del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti (art.10, commi 1 e 3, D.L. n. 168/2016), limitandola però a chi non ha compiuto il 70° anno di età al 31 dicembre 2016, consentendo così anche al dott. Galtieri, appena nominato il 7 agosto 2016 Procuratore generale della Corte dei Conti al posto del dott. Colella, di poter, per un solo giorno, far slittare la pensione di un anno al 31 dicembre 2017, salvo ulteriore proroga ad personas.

Sarebbe il caso, questa volta, che il sedicente Parlamento italiano desse prova di esistenza in vita e accogliesse, in sede di conversione, la proposta dell’ANM di ripristinare soltanto il regime ordinario del pensionamento a 72 anni per tutti i giudici, senza la possibilità di trattenimento in servizio fino a 75 anni che ora è operativa soltanto per il dott. Canzio (e per il Presidente aggiunto della Cassazione dott. Rordorf, Presidente del Collegio delle Sezioni unite che con la sentenza n.11347/2016 ha legittimato i contratti a tempo determinato acausali di Poste italiane e, quindi, del Jobs act[11]), così permettendo il sereno pensionamento degli attuali 1° Presidente e Presidente aggiunto della Cassazione con decorrenza dal 1° gennaio 2017.

 

  1. Le ordinanze di rinvio pregiudiziale del Tribunale di Napoli su tutto il precariato pubblico

 

Tornando alle meno interessanti vicende giuridiche e giudiziarie, è altrettanto noto che la relazione n.190 del 24 ottobre 2012 dell’Ufficio del Massimario della Cassazione sui precari della scuola ha incrinato nelle fondamenta questa complessa operazione di (presunto) salvataggio delle finanze pubbliche, legittimando sul piano del contrasto culturale e giuridico all’interno della Suprema Corte (la relazione dell’Ufficio studi della Cassazione era stata sollecitata dopo le censure alla sentenza n.10127/2012 della Corte di legittimità) il rinvio pregiudiziale Ue del Tribunale di Napoli con le tre contestuali ordinanze di gennaio 2013 sui supplenti della scuola (causa Mascolo C-22/13; causa Forni C-61/13; causa Racca C-62/13; tutte contro il MIUR) e con quella sul precariato non scolastico degli educatori comunali (causa Russo C-63/13 contro Comune di Napoli).

Contestualmente, la sentenza Valenza[12] della Corte di giustizia del 18 ottobre 2012 rigettava la tesi del Consiglio di Stato (Presidente Coraggio, l’Estensore della sentenza n.187/2016 della Corte costituzionale), che, di fronte ad una normativa d’urgenza (art.75, d.l. n.112/2008) che stabilizzava senza concorso i raccomandati precari delle Autorità indipendenti (AGCM) senza conversione in legge e con la stipula dei contratti a tempo indeterminato fatta prima della mancata conversione in legge, si era ribellato al riconoscimento anche del riconoscimento dell’anzianità di servizio. La Corte di giustizia per la prima volta nella sentenza Valenza ha trascritto al punto 13 l’art.97, comma 3, Cost., rilevando così che nel nostro ordinamento costituzionale è prevista anche l’assunzione senza concorso, in base a mere disposizioni di legge («meri automatismi» o «concorsi riservati», affermerà a distanza di quasi quattro anni la Corte costituzionale nella sentenza n.187/2016).

Diversamente dalle nuove ordinanze di legittimità costituzionale del Tribunale di Trento sul precariato scolastico (nn.32 e 34 del 2014) e dei Conservatori di musica (n.33 del 2014), decise dalla Corte costituzionale rispettivamente con le due ordinanze nn.194 e 195 del 2016 e sempre all’esito dell’udienza pubblica del 17 maggio 2016 (per il precariato scolastico) e della camera di consiglio del 18 maggio 2016 (per i docenti annuali dei Conservatori di musica), nelle quattro ordinanze di rinvio pregiudiziale Ue il Tribunale di Napoli non ha censurato la sentenza n.10127/2012 della Cassazione, ma il comportamento dello Stato italiano nella causa Affatato e la sleale cooperazione con la Corte di giustizia.

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  1. La procedura di infrazione n.2010/2124 della Commissione Ue sul precariato scolastico. L’ordinanza Papalia della Corte di giustizia sull’incompatibilità comunitaria della sanzione risarcitoria interna e le ordinanze nn.206 e 207 del 2013 della Corte costituzionale

 

Del resto, le informazioni che provenivano alla Corte costituzionale dalla Commissione Ue[13] erano univoche nel senso dell’inadempimento integrale dello Stato italiano agli obblighi di recepimento della direttiva 1999/70/CE per tutto il precariato pubblico, compreso quello scolastico, almeno per quanto riguarda le misure antiabusive.

La Commissione, dopo l’invio della lettera di messa in mora del 14 marzo 2011, in data 25 ottobre 2012 aveva aperto la procedura di infrazione n.2124/2010 prima nei confronti del solo personale ata, estendendola con il parere motivato del 21 novembre 2013 anche al personale docente, per la non corretta applicazione della direttiva 1999/70/Ce.

In particolare, come segnalato dall’Ufficio legislativo della Camera dei deputati[14], nella fase precontenziosa EU Pilot, la Commissione aveva accertato che nell’ordinamento scolastico italiano era estremamente diffuso il ricorso alla stipula di contratti a tempo determinato con la stessa persona (docente e personale ata); che per tali soggetti non erano previsti dall’ordinamento italiano mezzi efficaci di riparazione in caso di abuso di contratti successivi a tempo determinato; che il trattamento riservato a tali soggetti era meno favorevole rispetto al corrispondente personale a tempo indeterminato (in termini di anzianità lavorativa e di valutazione dell’attività professionale ai fini del calcolo degli stipendi).

Inoltre, nelle osservazioni scritte depositate il 25 aprile 2013 relativamente alla causa pregiudiziale Papalia C-50/13 promossa dal Tribunale di Aosta – nell’ambito di un giudizio principale del maestro della banda musicale del Comune di Aosta che lamentava l’abuso contrattuale di quasi trent’anni di ininterrotto servizio precario alle dipendenze della pubblica amministrazione senza possibilità di stabilizzazione del rapporto e senza il risarcimento dei danni negato sul piano interpretativo dalla sentenza n.392/2012 della Cassazione, stante il presunto divieto dell’art.36, comma 5, D.Lgs. n.165/2001 – la Commissione Ue aveva concluso nel senso dell’incompatibilità con la direttiva 1999/70/CE dell’art.36, comma 5, D.Lgs. n.165/2001[15], così modificando la posizione “agnostica” espressa nelle cause Marrosu-Sardino C-54/04 e Affatato C-3/10.

Dunque, la Corte costituzionale era perfettamente al corrente, al momento in cui sono state adottate le due ordinanze nn.206-207/2013, del fatto che, in ambito comunitario, come risulterà pochi mesi dopo con l’ordinanza Papalia della Corte di giustizia del 12 dicembre 2013 nella causa C-50/13, era ormai in via di accertamento definitivo l’incompatibilità con la direttiva 1999/70/CE dell’art.36, comma 5, D.Lgs. n.165/2001 e la totale carenza di tutele antiabusive per tutto il precariato pubblico.

In conseguenza, le condizioni di inammissibilità delle sei ordinanze del Tribunale di Trento erano legate alla sanzione antiabusiva dell’art.5, comma 4-bis, d.lgs. n.368/2001 richiesta dal lavoratore (assistito dagli scriventi) nel giudizio principale della causa incidentale n.31/2012 (identica a quella degli altri lavoratori), in relazione alla quale l’ordinanza n.206/2013 ha riconosciuto «che l’atto di costituzione contiene una dettagliata ricostruzione delle principali pronunce della Corte di giustizia dell’Unione europea su tale argomento, fino all’ordinanza 1° ottobre 2010 (in causa C-3/10, Affatato) ed alla sentenza 26 gennaio 2012 (in causa C-586/10, Kucuk), alla luce delle quali il Russo conclude nel senso che la trasformazione del contratto di lavoro a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato può essere raggiunta disapplicando la normativa interna che vieta tale possibilità per il solo personale della scuola, in tal modo entrando in contrasto con la disciplina comunitaria».

E’ evidente che l’Estensore dell’ordinanza n.206/2013 non escludesse la correttezza interpretativa della lettura – «dettagliata ricostruzione» – che era stata proposta dalla difesa del lavoratore in merito alla giurisprudenza comunitaria dall’ordinanza Affatato alla sentenza Kucuk, e che andava in direzione opposta rispetto all’interpretazione delle stesse pronunce fatta dalla Cassazione nelle due sentenze del 2012, anche per quanto riguarda l’assunta inapplicabilità del d.lgs. n.368/2001.

In conseguenza, la Corte costituzionale il 18 luglio 2013 ha risposto in due modi. Da un lato con l’ordinanza n.206/2013 ha riconosciuto l’applicazione del d.lgs. n.368/2001 anche al pubblico impiego scolastico (come evidenziato dalla sentenza Mascolo al punto 14[16]), sconfessando la posizione assunta dalla Cassazione nella sentenza n.10127/2012 ma, proprio per questo, non ha potuto accogliere le domande dei lavoratori di applicazione dell’art.5, comma 4-bis, d.lgs. n.368/2001 come se fosse il Giudice della causa, perché vi erano le due norme ostative all’applicazione della tutela, l’art.4, comma 14-bis, della legge n.124/1999 e l’art.10, comma 4-bis, d.lgs. n.368/2001 che non sono state sottoposte a scrutinio di costituzionalità, e ciò non consentiva l’intervento censorio e risolutivo del Giudice delle leggi.

Dall’altro lato, pur essendo palesemente inammissibili anche le ordinanze dei Tribunali di Roma e di Lamezia Terme, le ha riunite e le ha rimesse alla Corte di giustizia con l’ordinanza pregiudiziale n.207/2013, manifestando così alla Corte europea sia l’adesione “etica” e giuridica alle ordinanze pregiudiziali del Tribunale di Napoli sia l’esigenza di rallentare la definizione delle cause pregiudiziali sul precariato scolastico e non scolastico, per consentire all’ordinamento interno e alla stessa Corte costituzionale di trovare le soluzioni senza arrivare alla sentenza definitiva dei Giudici di Lussemburgo.

La Corte costituzionale, dunque, già con le ordinanze nn.206 e 207 del 2013 aveva condiviso le ordinanze pregiudiziali del Tribunale di Napoli e la soluzione della stabilizzazione del precariato pubblico come unica soluzione effettiva contro gli abusi nella successione dei contratti a termine nel caso di legittimo reclutamento nel pubblico impiego, e non aveva condiviso la prospettazione dei Tribunali di Trento, Lamezia Terme e Roma, che escludevano la sanzione della riqualificazione perché ritenevano ancora operante l’art.36, comma 5, del d.lgs. n.165/2001 e il divieto di conversione e puntavano soltanto al risarcimento dei danni, peraltro non quantificati e non quantificabili dalla norma sul piano dell’onere della prova.

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  1. La sentenza Mascolo della Corte di giustizia, il decreto n.29/C/2016 del Presidente della Repubblica e la sentenza n.187/2016 della Corte costituzionale: la leale cooperazione tra Istituzioni europee e (alcune) Istituzioni dello Stato italiano

Infatti, la Corte di Lussemburgo ai punti 55, 59-61 della sentenza Mascolo, nel confermare per il pubblico impiego non scolastico l’applicazione dell’art.5, comma 4-bis, d.lgs. n.368/2001 come misura adeguata ed energica a rimuovere l’«illecito comunitario» (espressione utilizzata dalla Corte costituzionale nella sentenza n.187/2016 e nelle due contestuali ordinanze nn.194-195/2016 nel definire la mancanza di almeno una delle misure preventive antiabusive previste dalla direttiva 1999/70/CE), ha sollecitato la leale cooperazione dello Stato (Tribunale di Napoli nella fattispecie concreta della causa Russo C-63/13) nell’adozione della sanzione della stabilizzazione.

Non è stato un caso lo straordinario atto di stile e di dignità del Presidente della Repubblica che, con il decreto n.29/C/2016 di aprile 2016 di cui ha dato informazione soltanto il giornale “Il fatto quotidiano”, ha disposto la stabilizzazione dei precari del Quirinale che hanno superato i 36 mesi di servizio, (testualmente, nel decreto) in applicazione della normativa interna (art.5, comma 4-bis, d.lgs. n.368/2001) e dei principi europei (direttiva 1999/70/CE e clausola 5 dell’accordo quadro), come interpretati dalla giurisprudenza comunitaria (ordinanza Affatato, punto 48; sentenza Mascolo, punto 55), nonostante l’Organo costituzionale non fosse obbligato ad attuarli.

Si trattava di un chiaro segnale, dopo la incomprensibile e ingiusta sentenza n.5072/2016 della Cassazione a Sezioni unite, nella direzione della stabilizzazione di tutti i rapporti precari nel pubblico impiego, rivolto anche alla Corte costituzionale, che avrebbe dovuto decidere le questioni sul precariato scolastico all’udienza del 17 maggio 2016, nell’ambito dei quattro giudizi di legittimità costituzionale già rimessi alla Corte di giustizia con l’ordinanza n.207/2013, di cui il Presidente Mattarella è stato l’Estensore, unitamente all’ordinanza “gemella” n.206/2013.

In quest’ottica di coerente leale cooperazione tra le Istituzioni europee e gli Organi costituzionali nazionali (Presidente della Repubblica e Corte costituzionale) di applicare la sanzione energica della stabilizzazione del precariato pubblico, si colloca appunto l’inesorabile soluzione interpretativa/legislativa che la Corte costituzionale ha adottato con la sentenza n.187/2016 nei confronti del Governo, che costringerà il MIUR a mantenere nei confronti di tutti i precari scolastici (docenti, educatori e personale ATA) gli impegni di stabilizzazione assunti dal Governo Letta già a settembre 2013 e stravolti dal Governo Renzi con la legge n.107/2015, in ottemperanza delle indicazioni che lo stesso Giudice delle leggi aveva fornito con le due ordinanze nn.206 e 207 del 2013 sia al legislatore d’urgenza sia alla giurisprudenza nazionale.

Infatti, dopo la durissima censura della Corte costituzionale nella sentenza n.187/2016 per avere escluso nella legge n.107/2015 il personale ATA dalla sanzione effettiva della stabilizzazione del precariato soltanto per queste categorie professionali della scuola pubblica, il MIUR è stato costretto a disporre l’immissione in ruolo di n.10294 posti di personale ATA, con decorrenza dal 1° settembre 2016 e per l’anno scolastico 2016/2017.

Inoltre, stante la valenza generale del principio della stabilizzazione dei contratti a tempo determinato nel pubblico impiego come unica misura idonea a sanzionare a sanzionare gli abusi nella successione contrattuale, anche per gli educatori degli asili comunali (causa Russo C-63/13 in Corte di giustizia, su cui la Corte si pronuncia espressamente al punto 55 della sentenza Mascolo) è stato disposto dall’art.17 D.L. n.113/2016 (convertito con modificazioni dalla legge n.160/2016) un piano triennale di stabilizzazione del personale precario che ha maturato i 36 mesi di servizio anche non continuativi con concorsi riservati esclusivamente ad essi, così realizzando con tre anni di ritardo quanto già previsto dal Governo Letta con l’art.4, comma 6, D.L. n.101/2013 e quanto già disposto dal Comune di Napoli un anno e mezzo prima in via amministrativa, sulla base delle indicazioni precisissime della sentenza Mascolo nella causa Russo e della conseguente decisione del Tribunale di Napoli, che aveva prontamente stabilizzato in via giudiziale la lavoratrice.

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  1. La stabilizzazione in via ordinaria del precariato scolastico con l’art.4, comma 6, D.L. n.101/2013 e l’art.15, comma 1, D.L. n.104/2013: la leale cooperazione dello Stato italiano (Governo Letta)

Le questioni pregiudiziali Ue sollevate dal Tribunale di Napoli e dalla Corte costituzionale avevano come comune denominatore di tutte le fattispecie di causa il superamento dei 36 mesi di servizio ai sensi dell’art.5, comma 4-bis, D.Lgs. n.368/2001 di tutti i lavoratori precari anche nel settore pubblico non scolastico (educatori degli asili nido e delle scuole dell’infanzia degli enti locali, come causa Russo C-63/13), assunti a tempo determinato attraverso un sistema di reclutamento legittimo sulla base di graduatorie, con conseguente domanda giudiziale di stabilizzazione.

I docenti precari con servizio pubblico superiore a 36 mesi che avevano fatto domanda di stabilizzazione nelle cause principali pendenti incidentalmente in Corte di giustizia dopo l’ordinanza n.207/2013 della Corte costituzionale non erano soltanto quelli iscritti in GAE, compresi gli insegnanti tecnico pratici (per i quali la legge n.107/2015 non ha previsto alcuna stabilizzazione), ma anche il personale docente con titolo abilitante PAS o TFA non inseriti nelle GAE perché bloccate nel 2007 e trasformate in graduatorie ad esaurimento, oltre ai diplomati magistrali entro l’anno scolastico 2001/2002 (che il Consiglio di Stato ha riconosciuto ex sé titolo abilitante all’insegnamento), inseriti nella II fascia delle graduatorie di circolo o di istituto per essere in possesso di titolo abilitante all’insegnamento.

Perfettamente coordinandosi con le due ordinanze nn.206-207 del 2013 della Corte costituzionale, il Governo Letta ha predisposto con l’art. 4, comma 6, del decreto legge 31 agosto 2013, n.101 (convertito con modificazioni dalla legge n.125/2013) il piano, originariamente esteso fino al 31 dicembre 2015 nel testo originario del comma e poi portato al 31 dicembre 2016 in sede di conversione, di stabilizzazione del precariato pubblico anche scolastico, fondato sulla maturazione del servizio anche non continuativo di almeno 36 mesi dei c.d. precari “storici”, attraverso procedure riservate esclusivamente a coloro che sono in possesso dei requisiti di cui all’art.1, comma 519, legge n.296/2006 e all’art.3, comma 90, legge n.244/2007, n. 244, nonché a favore di coloro che alla data di pubblicazione della legge di conversione n.125/2013 hanno maturato, negli ultimi cinque anni, almeno tre anni di servizio con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato alle dipendenze dell’amministrazione che emana il bando, che potevano (e possono fino al 31 dicembre 2016) essere avviate solo a valere sulle risorse assunzionali relative agli anni 2013, 2014, 2015 e 2016 anche complessivamente considerate, in misura non superiore al 50 per cento, in alternativa a quelle di cui all’art.35, comma 3-bis, D.Lgs. n.165/2001 e, per il comparto scuola, applicando la disciplina specifica di settore, cioè l’art.399 D.Lgs. n.297/1994, con validità delle relative graduatorie concorsuali riservate fino al 31 dicembre 2016.

D’altra parte, per il comparto scuola questi concorsi riservati per soli titoli di abilitazione all’insegnamento e di servizio avrebbero ricalcato il precedente impianto normativo dell’art.399 del T.U. sulla scuola, che aveva introdotto il doppio canale basato per il 50% sulle graduatorie concorsuali per titoli ed esami e per il 50% su graduatorie concorsuali per soli titoli, questi ultimi limitati dalle modifiche introdotte dalla legge n.124/1999 soltanto alle scorrimento delle graduatorie permanenti provinciali, poi divenute ad esaurimento nel 2007 (GAE).

Inoltre, l’art.4, commi 3 e 4, D.L. n.101/2013 prevedeva (e prevede), fino al 31 dicembre 2016, che le pubbliche amministrazioni, compresa quella scolastica, potevano (e possono) essere autorizzate all’avvio di nuove procedure concorsuali solo a condizione che le professionalità necessarie da assumere a tempo indeterminato anche secondo un criterio di equivalenza non fossero reperibili con lo scorrimento di graduatorie vigenti, approvate dal 1° gennaio 2007.

In buona sostanza, i docenti in possesso di «titolo di abilitazione all’insegnamento conseguito a seguito sia dell’accesso ai percorsi di abilitazione tramite procedure selettive pubbliche per titoli ed esami, sia del conseguimento di specifica laurea magistrale o a ciclo unico» [cfr. la formulazione testualmente ricavata dall’art.1, comma 114, lett.a), legge n.107/2015, che ha riservato una semplice “preferenza” ai docenti in possesso di titolo PAS o TFA e ai diplomati magistrali, ai fini del concorso 2016, che non è stata inclusa neanche nei tre bandi], inseriti nelle graduatorie di istituto o di circolo di II fascia e che avevano maturato 36 mesi di servizio anche non continuativo nel quinquennio precedente la data di entrata in vigore della legge n.125/2013 dovrebbero essere immessi in ruolo entro il 31 dicembre 2016, prima che il MIUR potesse bandire nuovi concorsi pubblici per le stesse professionalità, nella vigenza comunque delle GAE con l’iscrizione degli idonei delle graduatorie concorsuali.

Per effettuare i concorsi riservati ai docenti abilitati non inseriti nelle GAE con 36 mesi di servizio pubblico scolastico doveva essere utilizzato lo stesso meccanismo di reclutamento per la scuola previsto in via “ordinaria” dall’art.399, commi 1-2, D.Lgs. n.297/1994, che, come è noto, è fondato sul sistema del c.d. “doppio canale” (sentenza Mascolo, punto 89[17]), che la stessa Corte costituzionale con la sentenza n.41/2011 dichiarò conforme all’art.97, comma 3, Cost.: «si evince che la scelta operata dal legislatore con la legge n. 124 del 1999, istitutiva delle graduatorie permanenti, è quella di individuare i docenti cui attribuire le cattedre e le supplenze secondo il criterio del merito.» (in termini, nel dichiarare inammissibile la questione di costituzionalità sollevata dal Tribunale di Torino, cfr. ordinanza n.251/2002 della Corte costituzionale).

Subito dopo e coordinandosi con l’art.4, comma 6, D.L. n.101/2013, con l’art.15, comma 1, del D.L. 12 settembre 2013, n.104 (convertito, con modificazioni, dalla legge n.128/2013) il Governo Letta, approfittando degli esiti del concorso bandito con decreto direttoriale del MIUR n. 82 del 24 settembre 2012 per il reclutamento di personale docente, ha approntato un piano triennale per gli anni 2014-2016 per l’assunzione a tempo indeterminato di personale docente, educativo e ATA, tenuto conto sia dei posti vacanti e disponibili in ciascun anno sia della necessità di coprire il turn over, senza indicare specificamente come modalità di accesso stabile quanto previsto dall’art.399 D.Lgs. n.297/1994, così consentendo al MIUR di determinare anche il contingente dei docenti precari “storici” abilitati ma non inseriti nelle GAE da destinare al concorso “riservato” per soli titoli.

Nel contempo, per sanare l’erronea affermazione della Cassazione nelle sentenze n.392/2012 (che aveva provocato la causa pregiudiziale Papalia C-50/13 del Tribunale di Aosta) e n.10127/2012 (che aveva provocato addirittura le quatto ordinanze pregiudiziali C-22/13, C-61/13, C-62/13 e C-63/13 del Tribunale di Napoli e l’ordinanza n.207/2013 della Corte costituzionale) che il d.lgs. n.368/2001 non si applicasse rispettivamente al pubblico impiego non scolastico e scolastico, il Governo Letta, dal 1° settembre 2013, ha ribadito con l’art.36, comma 5-ter, d.lgs. n.165/2001 che il d.lgs. n.368/2001 si applica a tutte le pubbliche amministrazioni comprese quelle scolastiche, ma la sanzione non può essere quella della trasformazione a tempo indeterminato dei rapporti di lavoro temporanei, in attesa, evidentemente, del perfezionamento dei processi di stabilizzazione del precariato pubblico.

Inoltre, per evitare la reiterazione delle supplenze annuali e dei contratti a tempo determinato privi di ragioni oggettive, al di fuori dei percorsi di stabilizzazione che le pubbliche amministrazioni avrebbero potuto (e dovuto, secondo la Corte costituzionale nella sentenza n.187/2016 come unica sanzione effettiva in grado di rimuovere l’illecito comunitario dell’abuso nell’utilizzo dei contratti a tempo determinato) attivare, il Governo Letta, sempre a decorrere dal 1° settembre 2013, ha introdotto anche l’art.36, comma 5-quater, d.lgs. n.165/2001, per cui il contratto a tempo determinato anche scolastico privo di ragioni oggettive «esclusivamente temporanee o eccezionali» (art.36, comma 2, D.Lgs. n.165/2001, come modificato sempre dall’art.4 D.L. n.101/2013, che ha sostituito la precedente formulazione «Per rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali») è nullo di diritto e non produce nessun effetto.

In particolare, nella circolare n. 5 del 21 novembre 2013 del Ministro per la Pubblica Amministrazione e la Trasparenza precisa «che la sostituzione della congiunzione “e”, che era nel precedente testo, con la “o” non va intesa come tentativo di ampliare lo strumento del lavoro flessibile, ma piuttosto come correzione di una discrasia che presentava la precedente formulazione, discrasia che destava dubbi sulla possibilità di ricorrere al lavoro a termine per esigenze “sostitutive”, in altre parole per quelle tipiche che giustificano il lavoro flessibile. Le esigenze “sostitutive” sono oggettivamente di tipo temporaneo ma non necessariamente di carattere eccezionale, giacché molto spesso prevedibili e programmabili.».

Di questa nuova e più rigorosa regolamentazione della flessibilità nel pubblico impiego troviamo traccia esplicita nella sentenza Mascolo della Corte di giustizia ai punti 92-93[18], dove le ragioni oggettive che giustificano il ricorso al contratto a tempo determinato nel settore scolastico vengono limitate alle sostituzioni per malattia, per maternità, parentali, richiamando sul punto la sentenza Kücük della stessa CGUE, che la sentenza n.10127/2012 della Cassazione aveva travisato.

Per ribadire il blocco delle assunzioni a tempo determinato per esigenze non temporanee o eccezionali, sempre l’art.4 del D.L. n.101/2013 ha modificato l’art.36, comma 2, D.Lgs. n.165/2001 aggiungendovi un terzo periodo, che obbligava le pubbliche amministrazioni a prevenire fenomeni di precariato, destinando i contratti a tempo determinato ai vincitori di concorso a tempo indeterminato, così coordinandosi con il divieto di nuove procedure concorsuali per professionalità già inserite in graduatorie vigenti, come previsto dal citato art.4, comma 3, D.L. n.101/2013.

Quindi, per il Governo Letta, con le modifiche all’art.36 D.Lgs. n.165/2001 introdotte dall’art.4 D.L. n.101/2013, le eventuali supplenze annuali e fino al termine delle attività didattiche conferite dai Dirigenti scolastici a decorrere dall’anno scolastico 2014/2015 sarebbero state tutte nulle di diritto, così da depotenziare i prevedibili effetti della pronunzia della Corte di giustizia di incompatibilità della disciplina interna sul reclutamento scolastico a tempo determinato con la direttiva 1999/70/CE (sentenza Mascolo) e la conseguente, inevitabile, declaratoria di incostituzionalità dell’art.4, commi 1 e 11, della legge n.124/1999 (sentenza n.187/2016 della Consulta), limitandoli alle situazioni pregresse fino all’anno scolastico 2013/2014, perché per il futuro già operava il nuovo quadro normativo sulla flessibilità nel pubblico impiego anche scolastico, che vietava – rendendole nulle di diritto – supplenze determinate da carenze strutturali di organico.

D’altra parte, l’art.13 della legge n.270/1982 e l’art.444 D.Lgs. n.297/1994, in vigore e mai modificati dal 3 giugno 1994, fissavano e fissano i criteri di determinazione delle dotazioni organiche del personale docente degli istituti e scuole di istruzione secondaria ed artistica, determinati sulla base dell’accertamento di tutti i posti di insegnamento corrispondenti a cattedre o posti orario, che funzionano all’inizio dell’anno scolastico successivo, tenuto conto del numero delle classi esistenti nell’anno scolastico precedente rilevato al 31 marzo (art.13, comma 8, legge n.270/1982 e art.444, comma 1, D.Lgs. n.297/1994), per cui l’organico di diritto e organico di fatto concidono nel testo unico per le scuole secondarie e nella legislazione speciale, come peraltro regolamentato espressamente anche dall’art.4 del D.P.R. 20 marzo 2009, n.81, che detta le norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola.

La prospettiva per il reclutamento scolastico nella legislazione d’urgenza dell’art.4 D.L. n.101/2013 e dell’art.15, comma 1, D.L. n.104/2013 era quella di eliminare le supplenze non temporanee e destinare tutti i posti vacanti e disponibili, compresi quelli destinati fittiziamente a supplenze fino al termine delle attività didattiche ma in realtà mascheranti carenze organiche, all’immissione in ruolo nell’anno scolastico 2014/2015, così risolvendo il problema del precariato scolastico “effettivo”, attraverso l’ordinario sistema del c.d. doppio canale per gli iscritti alle graduatorie concorsuali ancora vigenti al 31 dicembre 2016 e degli iscritti alle GAE, cui aggiungere fino alla percentuale massima del 50% delle immissioni in ruolo con la procedura riservata da bandire ai sensi dell’art.4, comma 6, D.L. n.101/2013 e con le modalità dello stesso art.399 D.Lgs. n.399/1994, sulla base di un mero decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, dopo aver esperito con le OO.SS. una specifica sessione negoziale concernente interventi in materia contrattuale per il personale della scuola.

Il quadro normativo di riferimento prima del Governo Renzi era, dunque, ideale per risolvere definitivamente il problema del precariato scolastico “storico”, anche per la vigenza di tre norme che agevolavano sia la ordinaria utilizzazione delle graduatorie ad esaurimento sia lo straordinario ricorso alle graduatorie di istituto o di circolo di II fascia per i docenti con 36 mesi di servizio nella scuola pubblica, senza ricorrere a nessun piano legislativo straordinario di immissione in ruolo rispetto a quello già autorizzato dall’art.15, comma 1, D.L. n.104/2013: l’art. 399, comma 2, D.Lgs. n.297/1994, l’art.400, comma 17, dello stesso T.U. sulla scuola, l’art.4, comma 6, D.L. n.101/2013.

L’art.399, comma 2, D.Lgs. n.297/1994, ancora in vigore dal 25 maggio 1999 anche dopo la legge n.107/2015, dispone testualmente: «2. Nel caso in cui la graduatoria di un concorso per titoli ed esami sia esaurita e rimangano posti ad esso assegnati, questi vanno ad aggiungersi a quelli assegnati alla corrispondente graduatoria permanente. Detti posti vanno reintegrati in occasione della procedura concorsuale successiva.».

L’art.400, comma 17, D.Lgs. n.297/1994, in vigore dal 25 maggio 1999 fino al 15 luglio 2015 (in quanto abrogato dall’art.1, comma 113, lett.h, della legge n.107/2015) così disponeva testualmente:

«Le graduatorie relative ai concorsi per titoli ed esami restano valide fino all’entrata in vigore della graduatoria relativa al concorso successivo corrispondente.».

In definitiva, il MIUR aveva la possibilità di attivare il piano ordinario di immissione in ruolo (e la quota parte di concorso riservato) anche nel caso in cui le graduatorie per titoli ed esami fossero esaurite e non consentissero di coprire i posti vacanti e disponibili autorizzati per le assunzioni a tempo indeterminato nella misura del 50 per cento destinati alle procedure concorsuali (anche per i concorsi precedenti al concorso 2012, nel caso in cui la classe di concorso non fosse stata bandita, ai sensi dell’art.400, comma 17, D.Lgs. n.297/1994), per cui i posti residui (ad esempio anche il 49% dei posti assegnati) andavano ad aggiungersi a quelli assegnati alla corrispondente graduatoria permanente (che, per riprendere l’esempio precedente, avrebbero avuto l’assegnazione del 99% dei posti per le immissioni in ruolo: 50% + 49%).

Naturalmente, lo stesso meccanismo avrebbe potuto essere riservato per le (eventuali) immissioni in ruolo da destinare al concorso riservato dei docenti abilitati con 36 mesi di servizio iscritti nelle graduatorie di II fascia di circolo o di istituto, per il richiamo espresso alla disciplina di settore di cui all’art.4, comma 6, ultimo periodo, D.L. n.101/2013.

L’adeguatezza del piano del Governo Letta a risolvere il problema del precariato storico scolastico e, quindi, tutte le criticità evidenziate nelle questioni pregiudiziali pendenti sul punto davanti alla Corte di giustizia, è stata evidenziata anche dall’Avvocatura dello Stato e dagli avvocati dei lavoratori nelle osservazioni scritte ed orali delle cause riunite Ue decise dalla sentenza Mascolo, come ha rilevato l’Avvocato generale Szpunar nella nota n.47 delle conclusioni scritte del 17 luglio 2014, come sanzione adeguata a rimuovere l’inadempimento evidente alla direttiva 1999/70/CE: «Il governo italiano rileva, a tal proposito, che il diritto nazionale potrebbe offrire delle soluzioni in tal senso, il che sembra confermare le osservazioni di taluni dei ricorrenti nei procedimenti principali nel fare riferimento al recente decreto legislativo del 12 settembre 2013, n. 104. Secondo tali ricorrenti, detto decreto-legge potrebbe consentire la stabilizzazione dei dipendenti del settore scolastico che hanno accumulato periodi di servizio superiori a 36 mesi tramite la loro immissione in ruolo per il periodo 2014-2016.».

Del resto, nella relazione del 24 gennaio 2014 all’inaugurazione dell’anno giudiziario in Cassazione l’Avvocato generale dello Stato De Pace ha così precisato sulla questione del precariato scolastico pendente in Corte di giustizia: «è doveroso fare menzione del vastissimo contenzioso instaurato dal personale precario della scuola, e ciò in relazione ad alcune recentissime decisioni della Corte di Giustizia, che prefigurano un quadro non rassicurante in vista della decisione che, quest’anno, la CGUE dovrà prendere sulla specifica problematica italiana. Al riguardo, l’Avvocatura dello Stato non mancherà di sostenere ed evidenziare, in sede comunitaria, le assolute specificità del sistema scolastico nazionale, al fine di evitare una decisione di condanna che potrebbe avere effetti finanziari assai consistenti.».

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  1. Il piano “straordinario” di immissioni in ruolo nelle intenzioni del Governo Renzi prima della legge n.107/2015: la sleale cooperazione dello Stato italiano con i suoi cittadini

 

Il piano ordinario di immissione in ruolo, compreso il concorso riservato per i precari “storici” con 36 mesi di servizio nella scuola pubblica iscritti nelle graduatorie di II fascia di istituto o di circolo, di tutto il personale docente, educativo e ATA su tutti i posti vacanti e disponibili, compresi quelli delle cessazioni di servizio intervenute, previsto dall’art.15, comma 1, D.L. n.101/2013 non è stato mai attuato “formalmente” dal Governo Renzi, subentrato a febbraio 2014 al Governo Letta dopo la sentenza n.1/2014 della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittimo il sistema elettorale c.d. “Porcellum”, se non per il personale ATA con l’immissione in ruolo di n.3730 assunti dal MIUR a marzo 2014 con decorrenza giuridica 1° settembre 2013 per l’anno scolastico 2013/2014, di n.4599 assunti per l’anno scolastico 2014/2015 e di n.10294 posti con decorrenza dal 1° settembre 2016 e per l’anno scolastico 2016/2017, questi ultimi in seguito alla durissima censura della Corte costituzionale nella sentenza n.187/2016.

La mancata realizzazione del piano “ordinario” di immissione in ruolo previsto dal Governo Letta e auspicato da tutti, che avrebbe potuto essere realizzata agevolmente già nell’anno scolastico 2014/2015, ma, in ogni caso, con gli anni scolastici 2015/2016 e 2016/2017, è dipesa da precise scelte del MIUR, in contrasto con la normativa di settore.

L’operazione di elusione della normativa vigente che consentiva l’immissione ordinaria in ruolo del personale scolastico su tutti i posti vacanti e disponibili viene anticipata dal decreto del 23 maggio 2014 prot.n. 356 del Ministro dell’istruzione, università e ricerca, che già prefigura il contorto percorso che porterà all’abbandono del piano triennale di assunzioni stabili previsto dall’art.15, comma 1, D.L. n.104/2013, al sedicente piano straordinario di immissione in ruolo della legge n.107/2015 e all’imbarazzante attivazione dei concorsi per titoli ed esami finalizzati al reclutamento del personale docente per i posti comuni dell’organico dell’autonomia, banditi in data 23 febbraio 2016 con i decreti direttoriali nn.105, 106 e 107 e radicalmente nulli, per violazione dell’art.4, commi 3 e 4, D.L. n.101/2013, in presenza delle vigenti (fino al 31 dicembre 2016) GAE.

Il fatto di aver bandito concorsi pubblici per titoli ed esami nel febbraio 2016 in violazione del divieto assoluto previsto dall’art.4, commi 3-4, D.L. n.101/2013 fino al 31 dicembre 2016 è dipeso sicuramente dal gravissimo e ingiustificabile errore commesso già nel decreto del Ministro n.356/2014 di considerare valide le graduatorie degli idonei delle pubbliche amministrazioni, compresa quella scolastica, fino al 31 dicembre 2015, applicando il testo originario dell’art.4, commi 3-4, D.L. n.101/2013 e non quello effettivamente vigente, come modificato in sede di conversione dalla legge n.125/2013, che invece prevede la validità delle graduatorie degli idonei fino al 31 dicembre 2016 (e non più fino al 31 dicembre 2015).

Il decreto del Ministro n.356/2014, infatti, dispone, logicamente , che i candidati inseriti a pieno titolo nelle graduatorie di merito del concorso ordinario per il reclutamento di personale docente bandito con D.D.G. n.82/2012, idonei ma non vincitori, hanno titolo, a decorrere dall’anno scolastico 2014/2015, ad essere immessi in ruolo, in subordine rispetto ai vincitori, nei limiti del 50% dei posti previsti per le graduatorie concorsuali dall’art.399, comma 1, D.Lgs. n.297/1994.

Questa incredibile ovvietà, che renderebbe del tutto inutile il decreto ministeriale alla luce della legislazione vigente, mascherava il vero obiettivo dell’inutile provvedimento, cioè quello di impedire il piano ordinario triennale di immissioni in ruolo, sull’erroneo presupposto che sarebbe stato sufficiente attendere il 31 dicembre 2015 per far decadere tutte le graduatorie degli idonei, comprese le GAE:

  • perché, dimenticando completamente l’art.399, comma 2, D.Lgs. 297/1994 e la possibilità di integrare attraverso le GAE il personale docente da assumere stabilmente che non sia stato possibile assumere attraverso lo scorrimento delle graduatorie concorsuali nei limiti del 50% dei posti assegnati, nonché di indire addirittura un concorso riservato per gli idonei delle graduatorie di II fascia di circolo e di istituto in possesso del requisito di 36 mesi di servizio pubblico, innanzitutto definisce “straordinario” il piano triennale di assunzioni per il personale docente su posti vacanti e disponibili per il triennio 2014-2016 definito dal Governo Letta con l’art.15, comma 1, D.L. n.104/2013;
  • poi ne evidenzia la criticità operativa nel fatto che l’art.4, comma 3, D.L. n.101/2013 stabilisce il divieto di indire nuove procedure concorsuali in presenza di graduatorie degli idonei vigenti, rilevando che, in conseguenza, «nei prossimi anni si prevede di immettere in ruolo personale docente con il rischio di non avere però graduatorie di merito disponibili nella maggior parte delle classi di concorso e degli insegnamenti e quindi di vedere vanificato il principio normativo della riserva del 50 per cento dei posti da destinare al concorso», così dimenticando il meccanismo compensativo dell’art.399, comma 2, T.U. sulla scuola;
  • infine, sottolinea che lo stesso decreto sull’immissione degli idonei del concorsone del 2012, che costituiva un automatismo normativo ai sensi del combinato disposto degli artt.399, comma 1, e 400, commi 17 e 19, D.Lgs. n.297/1994, era necessario per garantire il rispetto della percentuale del 50 per cento dei posti da coprire mediante concorsi per titoli ed esami, in quanto i nuovi concorsi -di cui il Ministro avrebbe addirittura chiesto l’autorizzazione, del tutto vietata dall’art.4, comma 3, D.L. n.101/2013 per espressa ammissione nello stesso decreto – non sarebbe stato bandito prima della fine del 2014 (e infatti sarebbero stati banditi, benchè nulli, addirittura a fine febbraio 2016, nonostante la vigenza al 31 dicembre 2016 ancora delle GAE) e le nuove graduatorie non sarebbero verosimilmente state pronte «prima dell’avvio dell’anno scolastico 2016/2017», dato che conferma l’errore nell’individuazione del testo vigente dell’art.4, commi 3-4, D.L. n.101/2013, perché le nuove graduatorie concorsuali non sarebbero state verosimilmente pronte prima dell’avvio del successivo anno scolastico 2017/2018, essendovi ogni preclusione fino al 31 dicembre 2016.

Insomma, il decreto ministeriale n.356/2014 serviva semplicemente a preparare il percorso impervio e confusionario che, violando la normativa vigente, ha trasformato il piano triennale ordinario di immissione in ruolo di tutto il personale scolastico previsto dal Governo Letta nel piano straordinario di immissione in ruolo del personale docente previsto dal Governo Renzi, con gli esiti caotici che sono sotto gli occhi dell’opinione pubblica e che hanno leso gravemente i diritti di decine di migliaia di docenti.

Inoltre, nell’evidenziare del tutto inutilmente (rispetto alle disposizioni di legge) la necessità di prevedere l’immissione in ruolo prioritaria, in subordine ai vincitori, degli idonei del concorso del 2012, il decreto ministeriale sortisce l’effetto di paralizzare le graduatorie dei concorsi pubblici per titoli ed esami banditi antecedentemente al concorso del 2012, che, ai sensi dell’art.400, comma 17, D.Lgs. n.297/1994, restavano in vigore fino alla corrispondente graduatoria del concorso successivo, operando così non solo per le classi di concorso non bandite nel 2012, ma anche per le graduatorie regionali delle classi di concorso bandite nel 2012 ma non nello specifico ambito regionale per il quale non era stata originariamente prevista nel bando disponibilità di posti[19]. Anche in questo caso, l’effetto “utile” della scelta ministeriale, contraria a disposizione di legge (ma anticipatoria della legge n.107/2015 con l’abrogazione all’art.1, comma 113, lett.h, dell’art.400, comma 17, D.Lgs. n.297/1994, dimenticandosi però che comunque l’abrogazione non potrà avere effetto fino al 31 dicembre 2016, stante la vigente previsione dell’art.4, comma 4, D.L. n.101/2013 per le graduatorie ad esaurimento ancora vigenti), era quello di bloccare il piano triennale di immissioni in ruolo di cui all’art.15, comma 1, D.L. n.104/2013, compresi i concorsi riservati mai banditi.

In conseguenza, dopo le conclusioni del 17 luglio 2014 dell’Avvocato generale Szpunar nelle cause riunite Mascolo ed altri C-22/13 sul precariato pubblico soprattutto scolastico che, ovviamente, anticipavano la sentenza Mascolo della Corte di giustizia nei termini già evidenziati dalla Corte costituzionale con l’ordinanza n.207/13 sulla incompatibilità del sistema di reclutamento scolastico con la direttiva 1999/70/CE per mancanza di misure antiabusive, per i docenti il Governo Renzi già nel documento di fine agosto 2013 contenente le “Linee guida sulla Buona scuola” ha tratteggiato, invece, un piano straordinario di immissioni in ruolo destinato a 148.100 persone per assumere tutti i docenti iscritti nelle graduatorie ad esaurimento, che parte da premesse giuridiche del tutto erronee rispetto alla normativa vigente, palesemente ignorata, come è possibile apprezzare al punto 1.3 di pag.26 del predetto documento “programmatico”: «Per poter attuare un Piano di assunzioni di tale portata, che non ha precedenti nella storia della Repubblica e che deve tener conto di eredità storiche di decenni, sarà necessario introdurre alcune modifiche all’attuale sistema del reclutamento dei docenti della scuola. Anzitutto, la prima modifica da fare è quella che tocca la previsione per cui le assunzioni avvengono per il 50% da concorso e per il 50% da GAE. Questa è stata la regola per le assunzioni dei docenti negli ultimi anni. Invece, con il piano straordinario, le assunzioni avverranno, nel 2015/2016, per il 90% dalle GAE. Questa disposizione rappresenta in realtà un’eccezione al principio generale per cui le assunzioni nel pubblico impiego possono avvenire solo per concorso. Ragione che concorre a rendere necessario che le assunzioni di tutti gli iscritti nelle GAE avvengano tutte insieme, nel corso di un anno solo (l’a.s. 2015-2016). E’ possibile farlo? Sì, cambiando la legge, motivando questa modifica come necessaria per traghettare il sistema fuori dallo stato di eccezione, e prevedendo da subito che per gli anni a venire le assunzioni torneranno finalmente ad avvenire al 100% solo da concorso – cosa del resto naturale dal momento che non ci sarebbero più iscritti nelle GAE, a quel punto esaurite non solo di nome ma anche di fatto. In aggiunta a questo, sarà necessario introdurre altre modifiche per far sì che l’assunzione di tutti i 148 mila docenti sia (a) materialmente possibile e (b) coerente con il tipo di potenziamento della scuola italiana che il Governo intende operare.».

La motivazione del ricorso da parte del Governo ad una procedura de iure condendo (a settembre 2014) straordinaria di immissione in ruolo del personale docente in deroga al principio del pubblico concorso è evidentemente fondata sulla deliberata ignoranza della normativa che regola gli accessi in ruolo nella scuola, di cui agli artt.399 e 400 D.Lgs. n.297/1994, che non solo consentivano in via ordinaria l’immissione in ruolo dei docenti delle GAE anche in misura ben superiore al 50% (anche totalitario) dei posti assegnati al reclutamento a tempo indeterminato per tutti i posti vacanti e disponibili “autorizzati”.

Anche ora dopo la legge n.107/2015, che non ha modificato l’art.399 D.Lgs. n.297/1994, ancora in vigore, sarebbe possibile attivare la procedura ordinaria, così come è ancora in vigore la possibilità fino al 31 dicembre 2016 di attivare i «concorsi riservati» previsti dall’art.4, comma 6, D.L. n.101/2013, a cui fa espresso ed esclusivo riferimento la Corte costituzionale nella sentenza n.187/2016 come «indiscutibili chances di immissione in ruolo a tutto il personale interessato», concorsi riservati che, allo stato, non sono ancora stati banditi e che comunque non possono essere rappresentati dai concorsi pubblici per titoli ed esami del 2016 di cui all’art.1, comma 114, legge n.107/2015, trattandosi in ogni caso di concorsi aperti a tutti gli abilitati anche non iscritti in nessuna graduatoria degli idonei, e quindi trattandosi di concorsi nulli.

La conseguenza di queste scelte “politiche” si è tradotta già nell’anno scolastico 2014/2015 in una forte limitazione delle immissioni in ruolo del personale docente, in quanto, a fronte di n.11.542[20] vincitori del concorso 2012 (di cui 7.965 già iscritti nella GAE) e n.17.255 (di cui n.10.353 già iscritti nelle GAE), il contingente di docenti assunti a tempo indeterminato con decorrenza dal 1° settembre 2014 è stato pari a soli n.28.871 posti, sempre ripartiti per il 50% tra graduatorie del concorso del 2012 e per il 50% iscritti nelle GAE, senza utilizzare il meccanismo compensativo a favore delle GAE previsto dall’art.399, comma 2, D.Lgs. n.297/1994 per coprire tutti i posti vacanti e disponibili che l’autorizzazione “generale” dell’art.15, comma 1, D.L. n.104/2013 consentiva di immettere in ruolo.

Infatti, dalla relazione 2016 sul costo del lavoro pubblico della Corte dei Conti risulta dalla Tavola sinottica 3 a pag.46 che al 31 dicembre 2014 il MIUR ha ancora attivato n.24.760 supplenze annuali su posto comune (senza sostanziale variazione percentuale rispetto all’anno scolastico 2013/2014 per n.24.801 posti), n.4.204 supplenze annuali su posti di sostegno (con un aumento percentuale del 296,2% rispetto ai n.1.061 posti del 2013/2014), n.64.007 supplenze fino al termine delle attività didattiche su posto comune (con un aumento percentuale del 5,8% rispetto ai n.60.507 posti del 2013/2014) e n.40.239 supplenze fino al termine delle attività didattiche su posto di sostegno (con una diminuzione percentuale di 11% rispetto ai n.45.222 posti del 2013/2014.

Insomma, erano vacanti e disponibili al 1/9/2014 n.88.767 immissioni in ruolo di personale docente su posto comune e n.44.443 di assunzioni stabili di docenti su posto di sostegno, che invece sono stati destinati a supplenze annuali o fino al termine delle attività didattiche, nulle di diritto in quanto in violazione dell’art.36, commi 2 e 5-quater, D.Lgs. n.165/2001, e comunque non attribuibili a docenti a tempo determinato secondo quanto previsto dallo stesso art.36, comma 2, ultimo periodo, del T.U. sul pubblico impiego.

Sulla identità tra organico di diritto e organico di fatto il Governo si era già espresso chiaramente a pag. 13 delle Linee guida sulla “Buona Scuola”: «Tutto questo ha creato nel tempo quello che nel mondo della scuola viene chiamato “organico di fatto”: un contingente “parallelo” di docenti che soddisfa il fabbisogno concreto e che fotografa la situazione reale della scuola, a cui s’aggiungono infine gli ulteriori docenti occorrenti a sostituire gli assenti a qualunque titolo (ad esempio maternità, malattie, distacchi).».

In definitiva, senza contare il turn over e le cessazioni di servizio intervenute dall’anno scolastico 2013/2014 e senza attendere l’esito delle cause pregiudiziali che saranno definite dalla Corte di giustizia con la sentenza Mascolo del 26 novembre 2014[21], al 1° settembre 2014 il MIUR avrebbe potuto (in realtà dovuto) immettere in ruolo, in base all’autorizzazione generale di cui all’art.15, comma 1, D.L. n.104/2013, n.162.081 docenti, applicando le disposizioni di legge di cui all’art.399, commi 1 e 2, D.Lgs. n.297/1994, per un numero di posti di gran lunga superiore ai 148.100 docenti che il Governo Renzi aveva previsto di assumere dopo un anno a decorrere dal 1 settembre 2015 in base ad un piano straordinario che si sarebbe concretizzato soltanto con la legge 13 luglio 2015, n.107.

  1. Assegnazione definitiva per tre anni nell’albo territoriale del personale docente assunto con il piano straordinario di immissione in ruolo nell’art.8 del D.D.L. n.2994 sulla “Buona scuola”

Nel D.D.L. governativo n.2994 presentato alla Camera dei Deputati il 27 marzo 2015 sulla “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”, il piano straordinario di immissione in ruolo del personale docente, nell’ambito di una riorganizzazione degli uffici scolastici per definire il c.d. “organico dell’autonomia” determinato entro il 31 maggio 2015 (il D.D.L. n.2994 erano stato originariamente strutturato come decreto legge e così anticipato agli organi di stampa dal Ministro Giannini, poi smentita improvvisamente dal Presidente del Consiglio) su base regionale e con albi territoriali (art.2 DDL 2994), prevedeva all’art.8[22] per i nuovi assunti dall’anno scolastico 2015/2016 la realizzazione del piano di immissione ordinario triennale previsto dall’art.15, comma 1, D.L. n.104/2013, con l’unica (parziale) deroga rispetto alla procedura assunzionale prevista dall’art.399, commi 1 e 2, D.Lgs. n.297/1994, consistente nella gestione a livello nazionale attraverso una piattaforma informatica gestita “riservatamente” dal MIUR delle nuove assunzioni su sede definitiva e con presentazione di apposita domanda in via informatica (comma 8), diversamente dalla procedura ordinaria che invece prevede la gestione in ambito regionale e provinciale dei nuovi assunti, attraverso convocazioni formali del personale docente presso l’Ufficio Regionale scolastico e l’Ufficio Provinciale scolastico competenti con l’indicazione dei posti da assegnare e dell’ordine di priorità e di preferenza nella scelta della sede.

Il piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato di personale docente per le istituzioni scolastiche statali di ogni ordine e grado nel DDL 2994 era stato così articolato:

  • riguardava la copertura dei posti vacanti e disponibili nell’organico dell’autonomia (comma 1);
  • avrebbero dovuto essere assunti a tempo indeterminato e iscritti negli albi territoriali di cui all’articolo 7 del DDL: a) i vincitori (e non gli idonei) del concorso 2012; b) gli iscritti nelle GAE (comma 2);
  • i vincitori (e non gli idonei, nonostante il D.M. Giannini n.356/2014, Ministro proponente il D.D.L. 2994, li avesse espressamente inclusi da assumere in prioritaria, in subordine ai vincitori) del concorso 2012, che in realtà erano già stati (quasi) tutti immessi in ruolo negli anni scolastici 2013/2014 e 2014/2015, sarebbero stati assunti nell’ambito della regione nella cui graduatoria di merito erano iscritti, nel limite del 50 per cento dei posti vacanti e disponibili dell’organico dell’autonomia, individuati a livello di albo territoriale di cui all’articolo 7 DDL (comma 4, lettera a);
  • gli iscritti nelle GAE sarebbero stati assunti nell’ambito della provincia relativa alla graduatoria in cui sono iscritti, nel limite del restante 50 per cento dei posti vacanti e disponibili dell’organico dell’autonomia, individuati a livello di albo territoriale, incrementati dei posti eventualmente vacanti e disponibili al termine della fase a) dei vincitori del concorso (comma 4, lettera b), conformemente a quanto previsto dall’art.399, comma 2, D.Lgs. n.297/1994, la cui integrale applicazione avrebbe ovviato anche ai posti vacanti e disponibili per le classi di concorso non bandite o bandite solo in alcune Regioni con il DDG n.82/2012, da assegnare quindi totalmente agli iscritti nelle GAE;
  • i vincitori nonché gli iscritti nelle GAE, che residuassero dalle fasi precedenti di cui alle lettere a) e b), sarebbero stati assunti nel limite dei posti rimasti eventualmente vacanti e disponibili nell’organico dell’autonomia nazionale, individuati a livello di albo territoriale, con precedenza ai vincitori rispetto agli iscritti nelle graduatorie ad esaurimento (comma 4, lettera c);
  • i soggetti interessati dalle fasi di cui al comma 4, lettere a), b) e c), avrebbero potuto esprimere l’ordine di preferenza tra tutti gli albi territoriali e sarebbero stati assunti prioritariamente, nell’ambito degli albi indicati, sui posti di sostegno, se in possesso del relativo titolo di specializzazione e, in subordine, a partire dalla classe di concorso o dal grado di istruzione per cui possedessero maggiore punteggio e, a parità di punteggio, dando priorità al grado di istruzione superiore (comma 5, 1° periodo);
  • in caso di indisponibilità di posti per gli albi territoriali indicati, il MIUR non avrebbe proceduto all’assunzione (comma 5, 2° periodo);
  • ai neo immessi in ruolo sarebbe stato affidato dal Dirigente scolastico della sede di assegnazione un incarico di durata triennale rinnovabile (art.7, comma 2, e art.8, commi 6 e 7, DDL 2994), con possibilità, per una maggiore fungibilità del personale assunto e per limitare il ricorso a contratti a tempo determinato, nella fase di assegnazione degli incarichi, di utilizzare il personale docente in classi di concorso diverse da quelle per la quale possiede l’abilitazione, purchè possegga un titolo di studio valido all’insegnamento (art.7, comma 3, lett.d, DDL 2994);
  • le disponibilità di posti sopravvenute per effetto delle rinunce all’assunzione non avrebbero potuto essere assegnate in nessuna delle fasi di cui al comma 4 e i posti per il potenziamento dell’offerta formativa, che fossero rimasti vacanti all’esito del piano straordinario di assunzioni, non sono disponibili per incarichi a tempo determinato fino al successivo ciclo di determinazione dei fabbisogni di cui all’art.2 DDL 2994 (comma 7);
  • a decorrere dal 1° settembre 2015, le graduatorie dei vincitori del concorso 2012 e delle GAE (comma 2, lett. a e b) avrebbero perso efficacia, per i gradi di istruzione della scuola primaria e secondaria, ai fini dell’assunzione con contratti di qualsiasi tipo e durata e dalla data di entrata in vigore della legge sarebbero state soppresse le graduatorie dei concorsi pubblici per titoli ed esami banditi antecedentemente all’anno 2012 per il reclutamento di personale docente per le scuole statali di ogni ordine e grado, rimanendo valide soltanto quelle degli idonei del concorso 2012 (comma 10);
  • le graduatorie di circolo e d’istituto di prima fascia del personale docente ed educativo avrebbero continuato a esplicare la propria efficacia, fino all’anno scolastico 2016/2017 compreso, per i soli soggetti già iscritti alla data di entrata in vigore della legge, non assunti a seguito del piano straordinario di assunzioni (comma 11);
  • ad eccezione del personale docente della scuola dell’infanzia e del personale educativo, l’accesso ai ruoli del personale docente della scuola statale sarebbe avvenuto esclusivamente mediante concorsi pubblici nazionali su base regionale per titoli ed esami, le cui graduatorie avrebbero avuto validità fino all’approvazione della successiva graduatoria concorsuale e comunque non oltre tre anni (comma 12);
  • il DDL 2994 non prevedeva alcun concorso riservato, escludendo così gli idonei delle graduatorie di II fascia di istituto o di circolo dalla possibilità di stabilizzazione offerta dall’art.4, comma 6, D.L. n.101/2013;
  • non era previsto, altresì, correttamente alcun concorso per titoli ed esami aperto a tutti gli abilitati, nonostante il D.M. n.394/2014 avesse già dato notizia della richiesta di autorizzazione per una nuova procedura concorsuale, che comunque avrebbe potuto essere espletata soltanto per il periodo successivo al 31 dicembre 2016, per l’obbligo preventivo fino a tale data di utilizzare le graduatorie concorsuali degli idonei, comprese le GAE e le graduatorie di istituto e di circolo di I e di II fascia, ai sensi dell’art.4, comma 3, D.L. n.101/2013;
  • la procedura di gestione informatica delle nuove assunzioni sarebbe avvenuta in deroga all’art.45, comma 2, e all’art. 65 del D.Lgs. n.82/2005 (“Codice dell’amministrazione telematica”), cioè senza possibilità per i richiedenti l’immissione di avere a disposizione nella propria casella elettronica il documento informatico trasmesso in via telematica e senza il rispetto delle condizioni di validità e di certificazione delle istanze e delle dichiarazioni presentate alle pubbliche amministrazioni per via telematica (comma 8);
  • infine, non era prevista nessuna procedura di mobilità professionale, perché l’organico dell’autonomia doveva già essere pronto e funzionale per l’anno scolastico 2015/2016.

Rispetto a questo complesso e segreto piano straordinario di immissioni in ruolo in violazione delle informazioni mai fornite dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri di cui all’art.4, comma 5, D.L. n.101/2013, che derogava all’art.399, commi 1 e 2, D.Lgs. n.297/1994 soltanto per la particolarità della procedura gestita in via informatica e riservatamente dal MUR a livello nazionale, l’elemento di ulteriore complicazione era la mancanza assoluta di obblighi di informativa nell’avviso da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale ai fini della domanda telematica di assunzione di tutti i posti vacanti e disponibili da assegnare, cioè dei n. 88.767 posti comuni e dei n. 44.443 posti di sostegno, che nell’anno scolastico 2014/2015 erano stati destinati a supplenze annuali o fino al termine delle attività didattiche, vietate dall’art.36, commi 2 e 5-quater, D.Lgs. n.165/2001 e di fatto non più consentite neanche nel DDL 2994[23], a cui avrebbero dovuto aggiungersi i posti per le cessazioni di servizio intervenute dal 1 settembre 2013, nonché i nuovi posti dell’organico dell’autonomia derivanti dal potenziamento dell’offerta formativa rispetto ai posti comuni (art.6, comma 3, DDL 2994).

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  1. Il Contratto collettivo nazionale integrativo sulle utilizzazioni e assegnazioni provvisorie del 13 maggio 2015

 

Sulla base del descritto quadro normativo anche de iure condendo a seguito della presentazione del DDL 2994, il MIUR ha sottoscritto con tutte le OO.SS. firmatarie del CCNL del Comparto Scuola in data 13 maggio 2015 il contratto collettivo nazionale integrativo concernente le utilizzazioni e le assegnazioni provvisorie del personale docente, educativo ed a.t.a. per l’anno scolastico 2015/2016.

L’art.7, comma 2, del CCNI del 13 maggio 2015 regolamenta le assegnazioni provvisorie del personale docente conformemente all’art.475 D.Lgs. n.297/1994, secondo cui non sono consentite le assegnazioni provvisorie di sede nei confronti di personale di prima nomina: «2. Non sono consentite assegnazioni provvisorie per grado di istruzione diverso da quello di appartenenza nei confronti del personale che non abbia superato il periodo di prova. Non sono, altresì, consentite le assegnazioni provvisorie nei confronti di personale scolastico assunto a tempo indeterminato con decorrenza giuridica 1.9.2015.».

L’art.1, comma 12, CCNI prevede, altresì, la possibilità di riaprire il confronto negoziale, anche su richiesta di un solo soggetto firmatario, per verificare le ricedute sul personale derivanti da provvedimenti emanati successivamente alla sottoscrizione del CCNI, come l’approvazione del disegno di legge sulla “Buona scuola”, che producano effetti sulle materie disciplinate dal CCNI stesso.

  1. La legge n.107/2015 e il “nuovo” piano straordinario di immissioni in ruolo. L’assegnazione definitiva di sede ai nuovi assunti con decorrenza giuridica dal 1° settembre 2015

 

La regolamentazione del piano straordinario di immissioni in ruolo definita dalla legge n.107/2015 è diversa strutturalmente da quanto previsto nel DDL 2994, così come stata è disciplinata dall’art.1, comma 95, della legge di riforma, in quanto viene disattesa l’applicazione dell’art.399, comma 2, D.Lgs. n.297/1994, prevista nel DDL 2994, per tutte le fase della procedura delineata originariamente nel disegno di legge [art.8, comma 2, lettere a), b) e c), DDL 2994] e innanzi descritta e lasciare spazio a quattro distinte fasi di immissioni in ruolo.

La fase “0” ordinaria/ordinaria: il nascondimento delle cattedre vacanti e disponibili

Nella prima fase “ordinaria” (c.d. fase 0), prevista dall’art.1, comma 95, primo periodo, il personale docente non doveva presentare alcuna domanda di ammissione, in quanto essa è stata disciplinata dall’art.399 D.Lgs. n.297/1994, propedeutica all’avvio delle altre tre fasi “straordinarie” riservate alla «copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell’organico di diritto, rimasti vacanti e disponibili all’esito delle operazioni di immissione in ruolo» della fase ordinaria “0”, al termine della quale «sono soppresse le graduatorie dei concorsi per titoli ed esami banditi anteriormente al 2012», come ribadito dall’abrogazione dell’art.400, comma 17, D.Lgs. n.297/1994 [dall’art.1, comma 113, lett.h), legge n.107/2015], con una scelta normativa chiara nelle intenzioni ma fallimentare negli effetti concreti, perché, secondo quanto disposto dall’art.4, comma 4, D.L. n.104/2013, continuavano ad essere in vigore le graduatorie per titoli ed esami banditi anteriormente al 2012 per le classi di concorso non bandite nel 2012 o bandite soltanto per alcuni ambiti regionali.

In buona sostanza, sarebbe stato sufficiente con decreto ministeriale limitare le assunzioni sui posti vacanti e disponibili da destinare alla fase ordinaria “0” di immissioni in ruolo, rispetto a tutti quelli che sarebbe stato possibile assegnare, per impedire l’attivitazione dei presupposti di operatività delle altre tre fasi straordinarie di immissione in ruolo, previste dall’art.1, comma 98, della legge di riforma.

Puntualmente, prima dell’emanazione della legge n.107/2015 e della sua entrata in vigore, il Ministro proponente il DDL 2994 – invece di autorizzare per l’anno scolastico 2015/2016 n.88.767 immissioni in ruolo di personale docente su posto comune, n.44.443 di assunzioni stabili di docenti su posto di sostegno (cioè i posti destinati a supplenze annuali o fino al termine delle attività didattiche nell’anno scolastico 2014/2015), nonché n.21.880 posti comuni e n.14.747 posti di sostegno di personale docente cessato dal servizio – con decreto del 7 luglio 2015 n.470 (su parere favorevole “preventivo” del Ministero dell’Economia e Finanze del 3 luglio 2015) ha autorizzato per le assunzioni a tempo indeterminato di personale docente per l’anno scolastico 2015/2016 soltanto n.46.627 immissioni in ruolo determinate dal turn over e dalle cessazioni dal servizio.

Nel D.M. n.470/2015 non si fornisce alcuna consistenza dei posti disponibili e vacanti del personale docente che sarebbero stati rilevati dal Sistema informativo, ma, come già avvenuto con il D.M. n.356/2014, il Ministro proponente l’art.8, comma 4, lett.b), DDL 2994 (in cui viene espressamente richiamato il meccanismo compensativo in favore delle GAE previsto dal T.U. sulla scuola) si preoccupa accuratamente di evitare l’applicazione dell’art.399, comma 2, D.Lgs. n.297/1994, perché, da un lato, all’art.2.1 del DM, precisa che «le assunzioni in ruolo si effettuano sui posti che risultano disponibili e vacanti per l’intero anno scolastico, dopo la conclusione di tutte le operazioni di utilizzazione e di assegnazione provvisoria», in palese violazione dell’art.475, comma 7, D.Lgs. n.297/1994 e dell’art.7, comma 8, CCNI 13 maggio 2015, secondo cui le assegnazioni provvisorie possono essere disposte soltanto per posti ai quali non sia possibile destinare personale docente di ruolo, anche delle dotazioni aggiuntive.

Dall’altro, all’art.2.2 il DM n.470/2015 limita il riparto delle assunzioni all’applicazione del solo art.399, comma 1, D.Lgs. n.297, precisando che «il numero dei posti su cui possono essere disposte le assunzioni a tempo indeterminato viene ripartito a metà tra le graduatorie dei concorsi per esami e titoli attualmente vigenti e le graduatorie ad esaurimento di cui all’art.1, comma 605, lett. c) della legge 27 dicembre 2006, n. 296», in palese violazione dell’art.399, comma 2, D.Lgs. n.297/1994.

Infine, all’art.3 del D.M. n.470/2015 viene previsto che al personale immesso in ruolo nella fase 0 «sarà assegnata una sede provvisoria per l’ a.s. 2015/2016 al fine di consentire l’attribuzione della sede definitiva tramite la partecipazione alle operazioni di mobilità», così violando palesemente gli artt.399, comma 3, 436, comma 1, 475, comma 4, D.Lgs. n.297/1994 (richiamati espressamente come applicabili dallo stesso art.1, comma 73, 2° periodo, della legge n.107/2015) e l’art.7, comma 2, CCNI 13 maggio 2015.

Con la nota del 10 luglio 2015 prot.n.20299, a firma del Direttore generale per il personale scolastico Novelli, il MIUR precisa, sulle assunzioni a tempo indeterminato del personale docente per l’anno scolastico 2014/2015 attraverso il turn over autorizzate dal D.M. n.470/2015, che «in linea con quanto previsto nel D.M., anche nelle istruzioni operative non è più contemplata la possibilità di effettuare eventuali compensazioni tra le classi di concorso, in quanto i posti non utilizzati saranno destinati alle operazioni di nomina delle successive fasi».

La fase “A” ordinaria/straordinaria: la scomparsa del meccanismo compensatorio

Neutralizzata così definitivamente con il DM n.470/2015 la procedura ordinaria di immissione in ruolo ex art.399 D.Lgs. n.297/1994 che avrebbe (dovuto) potuto riguardare tutti gli iscritti nelle graduatorie concorsuali vigenti e tutti gli iscritti delle GAE per l’assegnazione dei n.88.767 posti comuni e dei n.44.443 posti di sostegno (dati, lo si ribadisce, rilevati al 31/12/2014 dalla Corte dei conti nella relazione 2016 sul costo del lavoro pubblico) ancora disponibili su posti vacanti “utilizzati” per le supplenze annuali e fino al termine delle attività didattiche, il legislatore della 107 ha riservato al piano straordinario di immissione in ruolo una prima fase “A”, che riguarda tutti i posti vacanti e disponibili in organico residuati dopo la fase “0”, da gestire secondo le ordinarie procedure di cui all’art.399 D.Lgs. n.297/1994 di competenza degli uffici scolastici regionali, cioè senza necessità di domanda da parte dei docenti interessati [art.1, comma 98, lett.a), legge n.107/2015].

La nota MIUR n.21739 del 22 luglio 2015, a firma del Direttore generale per il personale scolastico Novelli, individua per la fase “A” un numero massimo di n.10.849 da assumere sull’organico di diritto, mai specificando il numero effettivo dei posti vacanti e disponibili, con due incredibili precisazioni, che confermano il carattere caotico e fraudolento nei confronti di decine di migliaia di cittadini e lavoratori pubblici italiani dell’intera operazione di immissione straordinaria in ruolo.

Infatti, da un lato il MIUR precisa, come dato normativo ovvio, che «come previsto dall’art. 399 comma 2 del Dlgs.vo 297/94, nel caso in cui la graduatoria di un concorso per titoli ed esami sia esaurita e rimangano posti ad esso assegnati, questi vanno ad aggiungersi a quelli destinati alle graduatorie ad esaurimento», così smentendo tardivamente il D.M. n.470/2015 e la nota MIUR n.20299/2015, a firma dello stesso Direttore generale, che invece aveva escluso la possibilità delle compensazioni tra le classi di concorso; dall’altro, come effetto perverso e illecito dell’entrata in vigore dell’art.1, comma 95, 1° periodo, della legge n.107/2015, rileva che non possono partecipare al piano assunzionale i soggetti inclusi nelle graduatorie dei concorsi per titoli ed esami banditi anteriormente all’anno 2012, che invece avrebbero dovuto già rientrare nella fase “0” da cui sono stati ingiustificatamente e fraudolentemente esclusi, nonostante le predette graduatorie fossero ancora in vigore fino al 31 dicembre 2016, stante la generale previsione dell’art.4, comma 4, D.L. n.101/2013 ancora vigente.

In particolare, i docenti destinatari del piano straordinario di immissione in ruolo delle fasi “A”, “B” e “C” sono stati individuati soltanto in tutti gli iscritti nelle graduatorie dei vincitori e degli idonei del concorso del 2012, nonché negli iscritti alle GAE, ai sensi dell’art.1, comma 96, della legge n.107/2015.

Inoltre, anche per gli assunti della fase “A” la nota MIUR n.20299/2015 precisa che si tratta si assunzioni su sede provvisoria di servizio, così continuando a violare palesemente gli artt.399, comma 3, 436, comma 1, 475, comma 4, D.Lgs. n.297/1994 e l’art.7, comma 2, CCNI 13 maggio 2015, come già per i docenti della fase “0” nel D.M. n.470/2015.

In ogni caso, a rigore, in base al “cambio” di posizione interpretativa sull’art.399, comma 2, D.Lgs. n.297/1994 nello spazio di 12 giorni (prima e dopo l’entrata in vigore della riforma) tra la nota MIUR n.20299/2015 e la nota MIUR n.21739/2015 dello stesso Direttore generale, tutte le assunzioni su posti vacanti e disponibili per n.122.361 disponibilità sull’organico di diritto avrebbero potuto essere gestite in via ordinaria attraverso le compensazioni delle GAE l’art.399, commi 1 e 2, D.Lgs. n.297/1994, seppure escludendo illegittimamente gli idonei delle graduatorie precedenti al concorso 2012, e non limitare le assunzioni a n.10.849 posti, meno del 10% dei posti effettivamente disponibili per le immissioni in ruolo.

La fase “B” straordinaria/segreta su organico di diritto ridotto e riservato

Il “camuffamento” di cattedre vacanti e disponibili di n.111.512 posti residui dopo le fasi “0” e “A” ha continuato ad operare i suoi effetti negativi anche per i docenti immessi in ruolo nella fase “B”, riservata ai «soggetti di cui al comma 96, lettere a) e b), che non risultano destinatari della proposta di assunzione nella fase di cui alla lettera a) del presente comma, … assunti, con decorrenza giuridica al 1º settembre 2015, nel limite dei posti vacanti e disponibili in organico di diritto che residuano dopo la fase di cui alla lettera a), secondo la procedura nazionale di cui al comma 100» [art.1, comma 98, lett.b), della legge n.107/2015].

I docenti della fase “B” sono stati assunti con la procedura informatica segreta non modificata rispetto a quanto previsto dal DDL 2994, mentre avrebbero dovuto partecipare alle precedenti fasi “ordinarie” “0” e A” per n.100.841 posti e non essere costretti ad accettare una proposta “riservata” in via telematica per n.8776 (meno del 10% dei posti vacanti e disponibili, di cui risultano essere n.8.525 accettazioni) posti complessivi, senza alcuna possibilità di scegliere tra le tantissime sedi vacanti non indicate e senza nessuna possibilità di verificare la correttezza della proposta “selezionata” dall’algoritmo segreto del sistema gestito dal MIUR a livello centrale.

E’ di banale evidenza che l’individuazione dei posti vacanti e disponibili nell’organico di diritto era nella totale disponibilità del MIUR come dato “puntuale” storico ben prima dell’approvazione della legge n.107/2015, per cui non vi era alcuna necessità e nessuna logica nel distinguere le assunzioni in tre distinte fasi per la stessa tipologia di cattedre in organico di diritto.

La fase “C” straordinaria/segreta su organico di potenziamento “Agnese” ex diritto

A fronte di questo desolante e kafkiano quadro di gestione amministrativa e legislativa non trasparente di procedure di particolare importanza sul piano della stabilità per la vita personale, familiare e professionale di decine di migliaia di docenti, anche ai docenti precari della fase “C” [destinata ai «soggetti di cui al comma 96, lettere a) e b), che non risultano destinatari della proposta di assunzione nelle fasi di cui alle lettere a) o b) del presente comma, … assunti, con decorrenza giuridica al 1º settembre 2015, nel limite dei posti di cui alla Tabella 1, secondo la procedura nazionale di cui al comma 100, come previsto dall’art.1, comma 98, lett.c), legge n.107/2015»] è stato riservato il trattamento “privilegiato” dell’immissione straordinaria in ruolo, disciplinata ex lege attraverso il sistema informatico segreto gestito dal MIUR per evitare la procedura ordinaria prevista dalla normativa di settore, ma gestita sul piano amministrativo dagli U.R.S. e dagli U.P.S.

Per i docenti da assumere nella fase “C”, invece di utilizzare comunque i n. 102.987 posti residui su organico di diritto rispetto alle fasi “0”, “A” e “B”, la procedura di reclutamento è stata incredibilmente orientata, già nella legge n.107/2015 (art.1, comma 95, 2° periodo), alla predeterminazione con la Tabella 1 allegata alla legge di riforma di n.48.812 posti di “potenziamento” e n.6446 per il sostegno, che entrano “di diritto” nell’organico dell’autonomia, la cui concreta attivazione con la costituzione degli ambiti territoriali (che sostituiscono gli albi territoriali di cui al DDL 2994) viene differita all’anno scolastico 2016/2017, cioè all’anno successivo a quello dell’immissione straordinaria.

La predeterminazione, addirittura a livello legislativo, dell’individuazione dei posti per il potenziamento «ripartiti tra i gradi di istruzione della scuola primaria e secondaria e le tipologie di posto come indicato nella medesima Tabella, nonché tra le regioni in proporzione, per ciascun grado, alla popolazione scolastica delle scuole statali, tenuto altresì conto della presenza di aree montane o di piccole isole, di aree interne, a bassa densità demografica o a forte processo immigratorio, nonché di aree caratterizzate da elevati tassi di dispersione scolastica» rappresenta il finto regalo per la stabilizzazione dei docenti della fase “C”, che invece avrebbero dovuto già essere immessi in ruolo in via ordinaria e senza ricorrere a nessuna specifica previsione di legge, sulla base di una trasparente e corretta individuazione con un semplice D.M. autorizzatorio di tutti i posti vacanti e disponibili “una tantum”.

Che il MIUR abbia intenzionalmente nascosto decine di migliaia di posti vacanti e disponibili su organico di diritto lo si evince dalla previsione dell’art.1, comma 99, della legge n.107/2015: «Per i soggetti assunti nelle fasi di cui alle lettere b) e c) del comma 98, l’assegnazione alla sede avviene al termine della relativa fase, salvo che siano titolari di contratti di supplenza diversi da quelli per supplenze brevi e saltuarie. In tal caso l’assegnazione avviene al 1º settembre 2016, per i soggetti impegnati in supplenze annuali, e al 1º luglio 2016 ovvero al termine degli esami conclusivi dei corsi di studio della scuola secondaria di secondo grado, per il personale titolare di supplenze sino al termine delle attività didattiche. La decorrenza economica del relativo contratto di lavoro consegue alla presa di servizio presso la sede assegnata.».

Il legislatore della 107 – che neanche nei lavori preparatori né nella relazione tecnica ha mai rappresentato il numero di posti vacanti e disponibili di personale docente da immettere in ruolo nel 2015/2016 – ammette, dunque, la natura fraudolenta dell’immissione straordinaria in ruolo perché, pur avendo riservato le assunzioni stabili a tutte le cattedre senza titolare, già prefigura lo scenario di moltissimi docenti della fase “B” che comunque dal 1° settembre 2015 avrebbero beneficiato, nelle more della proposta “segreta” di incarico (che, per i docenti della fase “B”, è arrivata nella notte tra il 1 e il 2 settembre 2015) in sedi lontanissime dalla propria residenza lavorativa e abitativa, sarebbero stati destinatari di supplenze annuali e fino al termine delle attività didattiche nell’ambito delle GAE in cui erano iscritti.

Pur potendo con i potenti mezzi informatici del fantastico algoritmo del MIUR e del sistema telematico di cui alla procedura dell’art.1, comma 100, della legge n.107/2015 avere in pochi minuti dopo il completamento della procedura di domanda di ammissione al piano straordinario la notizia delle proposte di incarico (un potente software non è lento come gli umani) ben prima del 31 agosto 2015, i docenti della fase “B”, per il deliberato ritardo del cervellone nella proposta di incarico, hanno ricevuto dagli U.R.P. proposte di incarico di posti vacanti e disponibili artatamente non inseriti nel piano straordinario di immissione in ruolo e che, se conferiti a personale non di ruolo come formalmente erano ancora prima dell’immissione in ruolo, ne avrebbero comportato la nullità di diritto, ai sensi dell’art.32, commi 2 e 5-quater, D.Lgs. n.165/2001 e non invece, come nella fattispecie di causa, l’assegnazione definitiva della sede lavorativa presso la GAE di iscrizione, ai sensi dello stesso art.36, comma 2, ultimo periodo, T.U. sul pubblico impiego.

Del resto, con il Decreto n.767 del 17 luglio 2015 il Direttore generale per il personale scolastico, nell’avviare il piano straordinario di immissioni in ruolo e la tempistica per gli avvisi sulla Gazzetta ufficiale ai fini della partecipazione dei docenti interessati alle fasi “B” e “C”, rileva per la prima volta la consistenza dei posti disponibili e vacanti del personale docente delle istituzioni scolastiche statali per l’anno scolastico 2015/2016, pari complessivamente a n. 47.476 posti, che quindi avrebbero potuto già essere assunti con la fase “A” e, a rigore, con la ordinaria “0”.

Se a questo dato si sottraggono i n.10.849 posti assegnati alla fase “A” con la citata nota MIUR n.21739 del 22 luglio 2015, nonché i n.8776 incarichi “proposti” nella fase “B”, mancano all’appello n.29.625 di “organico di diritto” rispetto ai n.47.476 posti disponibili (così il Decreto MIUR n.767/2015, che evidentemente continua a nascondere le supplenze fino al termine delle attività didattiche dall’organico effettivo e reale, che avrebbe dovuto costituire finalmente l’intero organico di diritto).

In buona sostanza, attraverso una procedura ordinaria di assunzione, avrebbero dovuto essere immessi in ruolo tutti gli aventi diritto nell’ambito delle GAE o delle graduatorie concorsuali regionali in cui erano iscritti, senza ricorrere alle alchimie algoritmiche di un sistema informatico impostato su dati di organico carenti e in totale assenza di informazioni per i docenti interessati.

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  1. I concorsi nulli del 2016, per violazione dell’art.4, comma 3, D.L. n.101/2013

Altri elementi normativi e documentali confermano che, alla data del 7 luglio 2015 quando è stata aperta la procedura della fase “0” con il D.M. n.470/2015, il MIUR era perfettamente a conoscenza dell’esistenza di n.133.210 cattedre su posti vacanti e disponibili che avrebbero potuto essere destinate ad una procedura ordinaria e non straordinaria di immissione in ruolo.

Infatti, a differenza del DDL 2994 che nulla prevedeva sul punto, la legge n.107/2015 ha previsto all’art.1, comma 114, l’autorizzazione a bandire entro il 1° dicembre 2015 un concorso per titoli ed esami per l’assunzione a tempo indeterminato, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, per tutti i posti vacanti e disponibili nell’organico dell’autonomia, nonché per i posti che si rendano tali nel triennio.

Come si è avuto modo di precisare, i DDG del 25 febbraio 2016 nn.105-106-107 hanno bandito illegittimamente, stante il divieto dell’art.4, comma 3, D.L. n.101/2013 in presenza di graduatorie di idonei ancora valide fino al 31 dicembre 2016, concorsi pubblici per titoli ed esami aperti a tutti gli abilitati all’insegnamento, per immettere in ruolo a decorrere dal 1/9/2016 rispettivamente per n.6933 unità per la scuola dell’infanzia, per n.17.299 cattedre per la scuola primaria, per n.33.379 cattedre per le scuole secondarie di 1° e di 2° grado, per n.6.101 cattedre per il sostegno, su posti, evidentemente, vacanti e disponibili non evidenziati in precedenza dal MIUR.

Per avere validità le predette procedure concorsuali avrebbero dovuto essere riservate esclusivamente agli idonei nelle GAE e nelle graduatorie di istituto o di circolo di I e di II fascia, non ancora immessi in ruolo entro il 1/9/2015, compresi i docenti che non avevano presentato la domanda con incognita di scelte “migratorie” nelle fasi “B” e “C” del piano straordinario, che avevano superato maturato i 36 mesi di servizio anche non continuativi (comprese le supplenze temporanee), ai sensi dell’art.4, comma 6, D.L. n.101/2013.

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  1. Il MIUR continua ad assegnare supplenze annuali e fino al termine delle attività didattiche “nulle” per l’anno scolastico 2015/2016

 

In ogni caso, le cattedre vacanti e disponibili al 1/9/2015 non assegnate alle formali immissioni in ruolo erano decine di migliaia, al punto che con la nota del 10 settembre 2015 prot.n.1949 il MIUR si preoccupa (ancora) di conferire supplenze annuali dalle graduatorie di istituto di I e di II fascia del personale docente ed educativo per l’anno scolastico 2015/2016, nonostante il divieto di cui al combinato disposto dell’art.36, commi 2 e 5-quater, D.Lgs. n.165/2001, non senza aver precisato che «i posti rimasti disponibili a causa del differimento, previsto dalla L. 107/2015, dell’assegnazione della sede al personale nominato in ruolo nella Fase B del piano assunzionale (cfr. nota DGPER prot. 28853 del 07/09/15) dovranno essere coperti con contratto a tempo determinato fino al 30 giugno, eventualmente prorogabile fino al 31 agosto, qualora successivamente risulti che il neo nominato in ruolo abbia stipulato un contratto fino a tale ultima data. In considerazione, poi, della riprogrammazione delle tempistiche inerenti le procedure di cui al D.D.G. 6 luglio 2015 n.680 le nomine da attribuire sui posti comuni in relazione alle graduatorie di istituto di prima e seconda fascia, valide per il triennio 2014/17, devono essere assegnate fino al 30 giugno, con esclusione di quelli residuali che si riferiscono a istituzioni scolastiche oggetto di dimensionamento.».

Insomma, le supplenze annuali al 31 agosto e quelle fino al termine delle attività didattiche fino al 30 giugno sono due facce della stessa medaglia organizzativa, come tali interscambiabili ma sempre univocamente rivelatrici di posti vacanti e disponibili.

Sul punto, un’ultima definitiva conferma la possiamo riscontrare nella previsione dell’art.1, comma 69, della legge n.107/2015, che ripropone le dotazioni organiche aggiuntive ancora disciplinate dall’art.13 della legge n.270/1982 rispetto al nuovo organico dell’autonomia: anche tale ulteriore dotazione aggiuntiva, nonostante il notevole incremento dell’organico di potenziamento con la tabella 1 alla legge di riforma, è rivelatrice dell’operazione di nascondimento degli effetti dati dei posti vacanti e disponibili da parte del MIUR, in prospettiva della incredibile mobilità straordinaria professionale disciplinata dall’art.1, comma 108, della legge n.107/2015.

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  1. La definitività al 1/9/2015 dell’assegnazione della sede di immissioni in ruolo in prova: i dati normativi nel T.U. sulla scuola, nella legge n.107/2015 e nel CCNI del 13 maggio 2015

A prescindere dallo stravolgimento ingiustificato delle regole ordinarie di reclutamento scolastico, il complesso quadro descrittivo delle vicende legislative, amministrative e giudiziarie che si è innanzi delineato consente agevolmente di poter riconoscere a decine di migliaia di docenti il diritto a considerare come definitiva la sede di assegnazione “originariamente” destinata a supplenza fino al termine delle attività didattiche, ma poi “utilizzata” dal MIUR per lo svolgimento del periodo di formazione e prova del docente neo assunto fino al suo superamento con la conferma del ruolo.

I dati normativi, contrattuali e amministrativi che confortano queste conclusioni sono i seguenti:

  • tranne che per le modalità di reclutamento straordinario a livello nazionale e non a livello regionale e provinciale della GAE in cui il docente era iscritto prima dell’immissione in ruolo, quindi ad eccezione dell’art.399, commi 1 e 2, D.Lgs. n.297/1994, la legge n.107/2015 non ha previsto nessuna deroga all’applicazione integrale del T.U. sulla scuola per tutti i docenti assunti in ruolo dall’anno scolastico 2015/2016;
  • in conseguenza, a decine di migliaia di docenti assunti nelle fasi “B” e “C” sono stati applicati, nella fase di gestione amministrativa della prima nomina in ruolo con decorrenza dal 1/9/2015, l’art.436 D.Lgs. n.297/1994 sulla nomina ed assegnazione di sede (del resto espressamente richiamato nel decreto di superamento del periodo di formazione e prova) e gli artt.437-440 del testo unico sul periodo di prova, espressamente richiamati dall’art.1, comma 119, della legge n.107/2015 in quanto perfettamente compatibili (in realtà, sostanzialmente identici) con il periodo di formazione e di prova per i nuovi iscritti di cui all’art.1, commi 115-118, della riforma;
  • l’art.475, comma 4, D.Lgs. n.297/1994 e l’art.7, comma 2, CCNI 13 maggio 2015, in combinato disposto, escludono la possibilità di assegnazione provvisoria per i docenti di prima nomina assunti in ruolo con decorrenza 1/9/2015;
  • l’art.1, comma 99, della legge n.107/2015 conferma che il posto originariamente qualificato come supplenza fino al 30 giugno quale termine delle attività didattiche (prorogabile fino al 31 agosto nel caso di immissione in ruolo nella fase “B” del docente “temporaneamente supplente”, come ammette la nota MIUR del 10 settembre 2015 prot.n.1949) era la sede definitiva di servizio (cioè confermato anche dalla nota esplicativa del MIUR a pag.22 del supplemento ordinario n.44 a G.U. 30 luglio 2015, n.175[24]), in quanto, diversamente, l’assegnazione sarebbe slittata al termine della supplenza e non il docente neo immesso non avrebbe potuto effettuare e superare positivamente il periodo di formazione e di prova, come in realtà è avvenuto;
  • l’art.1, comma 73, 2° periodo, della riforma prevede che al personale docente assunto nelle fasi “0” e “A” nell’anno scolastico 2015/2016 mediante le procedure di cui all’art.399 D.Lgs. n.297/1994 continuano ad applicarsi le disposizioni del testo unico sulla scuola in merito all’attribuzione della sede durante l’anno di prova e alla successiva destinazione alla sede definitiva, formula ambigua perché assolutamente inutile, se non fosse per il fatto che ha consentito al MIUR arbitrariamente di trasformare per gli assunti nelle fasi “0” (con l’art.3 D.M. n.470/2015) e “A” (con la nota MIUR n.21739 del 22 luglio 2015) l’assegnazione definitiva e con obbligo di permanenza triennale di cui agli artt.399, comma 3, e 436 D.Lgs. n.297/1994 in una sede provvisoria ai fini della possibilità di partecipare – de iure condendo – alla procedura di mobilità straordinaria di cui all’art.1, comma 108[25], della legge n.107/2015 e in violazione della stessa norma, che, nella formulazione antecedente alle modifiche introdotte dalla legge 26 maggio 2016, n.89 in sede di conversione del D.L. 29 marzo 2016, n. 42, cui è stato aggiunto l’art.1-bis dal titolo “Disposizioni in materia di assegnazioni provvisorie”, consentiva la deroga al vincolo triennale di permanenza nella sede di prima e definitiva assegnazione, previsto dall’art.399, comma 3, D.Lgs. n.297/1994, soltanto agli immessi in ruolo entro l’anno scolastico 2014/2015 -, così violando palesemente gli artt.399, comma 3, 436, comma 1, 475, comma 4, D.Lgs. n.297/1994 e l’art.7, comma 2, CCNI 13 maggio 2015;
  • l’art.1, comma 73, 3° periodo, della legge n.107/2015 per gli assunti in ruolo nelle fasi b) e c) prevede espressamente soltanto l’assegnazione agli ambiti territoriali con decorrenza dall’anno scolastico 2016/2017, ma non esclude l’applicazione dell’art.399, comma 3, D.Lgs. n.297/1994, che presuppone la definitività della sede di assegnazione, salvo il mancato superamento del periodo di prova e la mancata conferma del ruolo, così come tutti gli altri articoli del testo unico applicabili e applicati ai nuovi stabilizzati;
  • l’art.1, comma 108, 1° e 2° capoverso, della legge n.107/2015, prevede effettivamente che, nell’ambito del piano straordinario di mobilità territoriale e professionale, i docenti assunti entro l’anno scolastico 2014/2015 potessero partecipare, a domanda, alla mobilità per tutti gli ambiti territoriali a livello nazionale, in deroga all’obbligo di permanenza triennale di cui all’art.399, comma 3, D.Lgs. n.297/1994, «per tutti i posti vacanti e disponibili inclusi quelli assegnati in via provvisoria nell’anno scolastico 2015/2016 ai soggetti di cui al comma 96, lettera b), assunti ai sensi del comma 98, lettere b) e c)»;
  • tuttavia, come si è precisato, l’art.7, comma 2, CCNI del 13 maggio 2015 e l’art.475, comma 4, D.Lgs. n.297/1994 non consentono nessuna assegnazione provvisoria di sede per gli assunti di prima nomina nell’anno scolastico 2015/2016, e, in conseguenza, la disposizione in parte qua sulla individuazione di cattedre derivanti da assegnazioni provvisorie di posti vacanti e disponibili per gli assunti nelle fasi “B” e “C” delle immissioni in ruolo dell’anno scolastico 2015/2016 da un lato è di impossibile attuazione, perché vietata l’assegnazione provvisoria, dall’altro conferma la natura fraudolenta dell’intero impianto normativo-organizzativo della riforma perché, diversamente opinando, si ammette, esplicitamente, che i posti assegnati “in via provvisoria” agli immessi in ruolo nelle fasi “B” e “C” erano posti vacanti e disponibili dell’organico di diritto (e non dell’autonomia, che parte a regime solo con l’anno scolastico 2016/2017 dopo la definizione degli ambiti territoriali), in quanto tali destinati ad essere utilizzati per le immissioni in ruolo soltanto con la procedura ordinaria di cui all’art.399 D.Lgs. n.297/1994, integrata dalle graduatorie dei concorsi riservati di cui all’art.4, comma 6, D.L. n.101/2013, e non certamente con lo sciagurato piano straordinario di immissione in ruolo inventato dal legislatore del Porcellum;
  • in conseguenza, anche la previsione dell’art.1, comma 8, 3° capoverso, della legge n.107/2016, che consentiva ai docenti assunti nelle fasi “B” e “C” del piano straordinario di immissioni in ruolo e assegnati su sede provvisoria per l’anno scolastico 2015/2016, di partecipare per l’anno scolastico 2016/2017 alle operazioni di mobilità su tutti gli ambiti territoriali a livello nazionale, ai fini dell’attribuzione dell’incarico triennale, era di impossibile attuazione, per le ragioni già precisate;
  • e ancora, una conferma “fantozziana” del carattere di definitività dell’assegnazione di sede per tutti gli immessi in ruolo nell’anno scolastico 2015/2016, e della conseguente applicazione dell’obbligo triennale di permanenza nella sede di prima nomina e dove è stato superato l’anno di prova, è nel nuovo testo dell’art.1, comma 108[26], 4° capoverso, della legge n.107/2015, modificato con decorrenza dal 29 maggio 2016 a seguito dell’art.1-bis D.L. n.42/2016, che, nell’estendere (“retroattivamente” per l’anno scolastico 2015/2016) anche a tutti i docenti assunti a tempo indeterminato entro l’anno scolastico 2015/2016 (mentre nel testo originario era prevista soltanto per i docenti assunti entro l’anno scolastico 2014/2015) la possibilità di richiedere l’assegnazione provvisoria interprovinciale limitatamente agli anni scolastici 2015/2016 e 2016/2017 (mentre nel testo originario era prevista soltanto per l’anno scolastico 2016/2017), attesta esplicitamente che il vincolo triennale di permanenza nella sede di prima assegnazione di cui all’art.399, comma 3, D.Lgs. n.297/1994 va applicato anche a tutti docenti assunti nell’anno scolastico 2015/2016, a qualsiasi fase o ciclo della vita professionale appartengano;
  • infine, una ulteriore conferma “fantozziana” del carattere di definitività dell’assegnazione di sede per tutti gli immessi in ruolo nell’anno scolastico 2015/2016 su posti (già) vacanti e disponibili dell’organico di diritto, riviene dall’art.1, comma 108, 6° capoverso, della legge n.107/2015, introdotto con decorrenza dal 29 maggio 2016 con l’art.1-bis D.L. n.42/2016, che consente a tutti i docenti assunti entro l’anno scolastico 2015/2016 di poter richiedere l’assegnazione provvisoria interprovinciale sui posti dell’organico dell’autonomia nonché sul contingente di posti di cui all’art.1, comma 69, della stessa legge di riforma, così attestando l’esistenza ancora di posti vacanti e disponibili nascosti dal MIUR con il piano straordinario di immissione in ruolo (la dotazione organica aggiuntiva già prevista dall’art.13 della legge n.270/1982, tuttora vigente).

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  1. La riforma “Agnese” e la mobilità professionale straordinaria per l’anno scolastico 2016/2017 nel CCNI dell’8 aprile 2016

 

Per realizzare il delitto perfetto dello stravolgimento totale della macchina amministrativa scolastica, in data 8 aprile 2016 è stato stipulato dal MIUR e dalle OO.SS. firmatarie del CCNL di Comparto, ad eccezione della GILDA-UNAMS, il Contratto collettivo nazionale integrativo concernente la mobilità del personale docente, educativo ed A.T.A. per l’anno scolastico 2016/2017, a cui faranno seguito le modifiche all’art.1, comma 108, della legge n.108/2015, introdotte con decorrenza dal 29 maggio 2016 a seguito dell’art.1-bis D.L. n.42/2016, a sua volta inserito in sede di conversione della legge n.89/2016, ampiamente illustrate in precedenza.

Prima di occuparci del CCNI dell’8 aprile 2016 sulla mobilità, tuttavia, è il caso di analizzare la disciplina ordinaria vigente in materia di trasferimenti di personale docente e il rapporto “gerarchico” tra le fonti di diritto in subiecta materia di organizzazione degli uffici e di mobilità del personale, dal momento che nessuna modifica sul punto è stata realizzata dalla legge n.107/2015 e, in specie, dai commi 73 e 118 dell’articolo unico, disposizioni che si sono limitate a delineare l’organico dell’autonomia con la ripartizione dell’originario ambito territoriale provinciale dell’organico di diritto in ambiti territoriali subprovinciali (che hanno sostituito l’ambito comunale), con assegnazione del personale docente in una sede definitiva presso il nuovo ambito territoriale subprovinciale, su cui operare dall’anno scolastico 2016/2017 la nuova mobilità professionale per i trasferimenti del personale docente.

La disciplina vigente in materia di trasferimenti a domanda del personale docente è compiutamente delineata dagli artt.462-466 del D.Lgs. n.297/1994, mentre la mobilità d’ufficio è regolata dagli artt.467-469 del T.U. sulla scuola e riguarda esclusivamente in caso di soppressione di posto o di cattedre o l’accertata situazione di incompatibilità ambientale di permanenza del personale docente nella scuola o nella sede (art.467, comma 1).

Gli ambiti dei trasferimenti a domanda sono quello comunale (sostituito dall’ambito territoriale subprovinciale, nell’organico dell’autonomia), come disciplinato dall’art.464 T.U., che sono disposti con precedenza rispetto ai trasferimenti da comune diverso; quelli provinciale e interprovinciale, disciplinati dall’art.465 D.Lgs. n.297/1994.

L’art.470 D.Lgs. n.297/1994 sulla mobilità professionale individua rigorosamente gli spazi della contrattazione collettiva nazionale integrativa, nessuno dei quali va a modificare la disciplina dei trasferimenti a domanda né quella dell’assegnazione provvisoria di sede di cui all’art.475 dello stesso Testo unico.

E’ anche noto che le modifiche introdotte dalla riforma “Brunetta” all’art.2, commi 2 e 3-bis, del testo unico sul pubblico impiego hanno capovolto l’originario rapporto tra legge e contrattazione collettiva nella regolamentazione dei rapporti di lavoro pubblici, laddove la contrattazione collettiva nazionale può derogare alle disposizioni di legge soltanto ove la stessa fonte legale lo preveda e nei limiti in cui essa disponga, comminando con la sanzione della nullità le regole contrattuali che derogano alla legislazione senza alcuna autorizzazione. Inoltre, l’art.40, comma 1, 2° periodo, D.Lgs. n.165/2001 esclude espressamente dalla contrattazione collettiva nazionale e integrativa le materie attinenti all’organizzazione degli uffici.

Le citate disposizioni di legge del testo unico sulla scuola in materia di trasferimenti a domanda e di mobilità professionale sono state illegittimamente derogate dal CCNI dell’8 aprile 2016 nei confronti di tutto il personale docente assunto nell’anno scolastico 2015/2016 all’esito delle fasi “B” e “C” del piano straordinario di immissioni in ruolo.

In particolare, ai sensi dell’art.2, comma 1, CCNI dell’8 aprile 2016 «le disposizioni relative ai trasferimenti e ai passaggi contenute nel presente titolo si applicano ai docenti con rapporto di lavoro a tempo indeterminato con sede definitiva, ivi compresi quelli titolari sulla provincia e quelli titolari sui posti delle dotazioni organiche di sostegno (DOS) della scuola secondaria di II grado, ed a quelli immessi in ruolo senza sede definitiva ai sensi dell’art. 399 del dlgs 297/94, i quali partecipano alle operazioni di trasferimento contestualmente ai docenti di ruolo con sede definitiva, nonché al personale insegnante tecnico pratico degli EE. LL. transitato nello Stato con la qualifica di insegnante tecnico-pratico.».

Quindi, in buona sostanza, il CCNI dell’8 aprile 2016 poteva operare nei confronti dei docenti assunti nelle fasi “B” e “C” del piano straordinario della legge n.107/2015, in deroga alle disposizioni di cui all’art.399, commi 1-2, D.Lgs. n.297/1994, solo in quanto «docenti con rapporto di lavoro a tempo indeterminato con sede definitiva», dal momento che soltanto i docenti delle fasi “0” e “A”, peraltro arbitrariamente in base a disposizioni amministrative e non alla norme legali e contrattuali (che lo vietavano e lo vietano), potevano essere considerati tra i soggetti «immessi in ruolo senza sede definitiva ai sensi dell’art. 399 del dlgs 297/94».

Tuttavia, l’art.399, comma 3, D.Lgs. n.297/1994 vieta espressamente ai docenti neo assunti o di nuova assegnazione di sede di poter presentare domanda di mobilità professionale prima del triennio di permanenza nella sede, con conseguente inapplicabilità della procedura di mobilità professionale ai docenti delle fasi “B” e “C” del piano straordinario (e di tutti gli assunti nell’anno scolastico 2015/2016).

A questo punto l’art.2, comma 3, CCNI 8 aprile 2016 inventa, contra legem, la mobilità professionale a domanda o d’ufficio per i docenti immessi in ruolo nelle fasi B e C del piano straordinario di assunzioni: «3. I docenti immessi in ruolo nelle fasi B e C del piano straordinario di assunzioni partecipano alla mobilità al fine di ottenere la titolarità su ambito territoriale. A tal fine i docenti assunti da graduatorie di merito partecipano alla fase B dei movimenti prevista dall’art 6 con preventivo accantonamento numerico dei posti nella provincia di nomina provvisoria. I docenti assunti da graduatorie ad esaurimento partecipano alla fase C prevista dall’art 6 per tutti gli ambiti nazionali. Per entrambe le categorie, in caso di non accoglimento delle preferenze parzialmente espresse la mobilità avverrà d’ufficio partendo dal primo ambito territoriale espresso. In caso di non presentazione della domanda la mobilità avviene d’ufficio considerando per gli assunti da graduatoria di merito tutti gli ambiti territoriali della provincia e per gli assunti da graduatoria ad esaurimento tutti gli ambiti nazionali. L’assegnazione d’ufficio avverrà nel primo ambito disponibile a partire da quelli della provincia di immissione in ruolo e sulla base delle tabelle di viciniorietà degli ambiti e delle provincie previste dall’apposita OM.».

Al CCNI 8 aprile 2016 seguirà immediatamente la contestuale O.M. n.241/2016.

In buona sostanza, l’art.2, comma 3, CCNI 8 aprile 2016 ha violato gli artt.399, comma 3, 436, 462, 467, 470, 475, comma 4, D.Lgs. n.297/1994 e l’art.7, comma 2, CCNI 13 maggio 2015, che alle disposizioni di legge si era conformato sul divieto di assegnazione provvisoria di sede agli assunti in ruolo con decorrenza giuridica dal 1° settembre 2015, obbligando invece illecitamente i docenti immessi in ruolo nelle fasi B e C del piano straordinario di immissioni in ruolo a partecipare ad una procedura di mobilità professionale che era per gli stessi vietata dalla legge.

Né le modifiche all’art.1, comma 108, della legge n.107/2015, introdotte in sede di conversione con decorrenza dal 29 maggio 2016 dall’art.1-bis D.L. n.42/2016, possono essere utilizzate a sanare ex post l’illegittima mobilità professionale imposta ai docenti delle fasi “B” e “C” del piano straordinario di immissioni in ruolo dal CCNI dell’8 aprile 2016, confermando invece le predette modifiche, per le ragioni già ampiamente illustrate, la strumentalità, l’illegittimità, l’arbitrarietà, l’illiceità dell’intera operazione “congiunta” di reclutamento e di mobilità professionale extra ordinem.

Ovviamente, era sufficiente una semplice operazione informatica e un sistema operativo di non particolare complessità per realizzare quanto previsto dall’art.1, comma 73, della legge n.107/2016, cioè l’assegnazione del personale docente assunto ai sensi del comma 98, lettere b) e c), dell’articolo unico della stessa legge agli ambiti territoriali a decorrere dall’anno scolastico 2016/2017 (sostituendo cioè l’indicazione dell’ambito comunale in cui la sede definitiva è allocata con il nuovo ambito territoriale, coincidente con il territorio comunale o dimensioni più ampie subprovinciali), senza effettuare alcuna mobilità professionale che, peraltro, è stata consentita anche agli assunti nelle fasi “0” e A” per l’anno scolastico 2015/2016 ma soltanto a domanda, pur essendo espressamente vietata dall’art.399, comma 3, D.Lgs. n.297/1994.

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  1. Azioni esperibili dai docenti “migranti” delle fasi “B” e “C”

Pertanto, previa declaratoria di nullità dell’art.2, comma 3, CCNI 8 aprile 2016 nella parte in cui hanno obbligato decine di migliaia di docenti a presentare domanda di mobilità professionale vietata dall’art.399, comma 3, D.Lgs. n.297/1994 per la già avvenuta assegnazione definitiva della sede in cui era stato superato il periodo di formazione e prova, potrà essere adito il Giudice del lavoro della nuova sede di destinazione in cui si è preso servizio il 1° settembre 2016, in sede ordinaria con istanza cautelare di reintegrazione nella precedente sede “definitiva”, di dichiarare illegittimo e radicalmente nullo per violazione di norme imperative di legge il trasferimento “coatto” del docente della fase “B” o “C” in sede lavorativa distante centinaia di chilometri dalla sede lavorativa in cui aveva diritto ad operare stabilmente, nell’ambito del territorio provinciale della GAE in cui era iscritto e del luogo di residenza e di abituale dimora personale e familiare, oltre al risarcimento dei danni subiti per l’incredibile tentativo di migrazione di massa.

Nel caso vi sia assegnazione provvisoria di sede per il docente migrante, sarà consigliabile proporre soltanto il ricorso ordinario presso il Giudice del lavoro nella sede di assegnazione provvisoria.

Nel caso il docente assunto nella fase “B” (ma anche nella fase “C”) abbia partecipato al piano straordinario di immissione in ruolo anche con l’abilitazione sul sostegno, per l’obbligo di indicazione di indicare nella domanda il titolo abilitante sul sostegno, ma ambisse soprattutto alla cattedra sul posto comune che avrebbe avuto diritto a conseguire nella provincia in cui era iscritto alla relativa GAE, potrà richiedere l’assegnazione definitiva sul posto comune.

  1. Azioni esperibili dai docenti abilitati iscritti nella II fascia delle graduatorie di istituto o di circolo, che hanno maturato 36 mesi di servizio nella scuola pubblica e non hanno superato il concorso 2016

 

I docenti abilitati (I.T.C., PAS e TFA) iscritti della II fascia delle graduatorie di istituto o di circolo, che hanno maturato 36 mesi di servizio nella scuola pubblica e non hanno superato il concorso 2016, possono chiedere sotto forma di risarcimento dei danni in forma specifica nei confronti del Governo italiano, in persona della Presidenza del Consiglio dei Ministri, la sanzione della immissione in ruolo con decorrenza dal 1/9/2015, come riparazione dell’illecito comunitario subito per abusivo ricorso alla successione dei contratti a tempo determinato, sia come conseguenza dell’inadempimento dello Stato italiano alla direttiva 1999/70/CE sia per la mancata attivazione delle procedure concorsuali riservate previste dall’art.4, comma 6, D.L. n.101/2013, alla luce delle indicazioni di “stabilizzazione” generale dei docenti precari di cui alla sentenza n.187/2016 e alla conseguente possibilità di applicare la clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato rispetto a lavoratori a tempo indeterminato “comparabili” (= docenti della fase “C” immessi in ruolo con decorrenza giuridica dal 1/9/2015, senza periodo di servizio nella scuola pubblica o con periodo di servizio inferiore a quello del docente abilitato escluso, perché non iscritto nelle GAE, per la stessa classe di concorso e nella stessa provincia in cui è stato assunto a tempo indeterminato il docente della fase “C”).

[1] V. il video dell’udienza sul sito www.studiogalleano.it.

[2] Così precisa la Corte costituzionale nei consideranda delle due ordinanze nn.194 e 195 del 2016, contestuali alla sentenza n.187/2016: «secondo il costante orientamento di questa Corte, «i princìpi enunciati dalla Corte di giustizia, riguardo a norme oggetto di giudizio di legittimità costituzionale, si inseriscono direttamente nell’ordinamento interno con il valore di ius superveniens, condizionando e determinando i limiti in cui quelle norme conservano efficacia e devono essere applicate anche da parte del giudice a quo» (ordinanze n. 80 del 2015, n. 124 del 2012 e n. 216 del 2011).».

[3] Cfr. A.M. Perrino, Nota a ordinanza Affatato della Corte di giustizia, su Foro it., 2011, IV, 69.

[4] L’intera vicenda è già stata commentata e duramente censurata in V. De Michele, Il Tribunale aquilano demolisce la sentenza antispread della Cassazione sul precariato scolastico, in Lav.giur., 2012, 777 ss. e in S, Galleano, La sentenza 5072/2016 sul risarcimento del danno per abuso del precariato nel settore pubblico – Le Sezioni unite della Cassazione nel paese delle meraviglie del 2 maggio 2016, in www.studiogalleano.it, pag. 32.

[5] Corte di giustizia Ce, III Sezione, sentenza 23 aprile 2009, in cause riunite da C-378/07 e C-380/07 Angelidaki ed altri contro Organismos Nomarchiakis Autodioikisis Rethymnis.

[6] Corte di giustizia Ue, II Sezione, sentenza 26 gennaio 2012, in causa C-586/10 Kücük contro Land Nordrhein Westfalen.

[7] Sul punto v. V. De Michele e S. Galleano, Le spese di giustizia nel giusto processo del lavoro tra legge e prassi amministrativa, su Lav.giur., 2016, n.8-9, 757 ss.

[8] L’art.1, comma 3, D.L. n.90/2014 nel testo originario così prevedeva dal 24 giugno 2014 al 18 agosto 2014: «3. Al fine di salvaguardare la funzionalità degli uffici giudiziari, i trattenimenti in servizio dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili, militari nonché degli avvocati dello Stato, sono fatti salvi sino al 31 dicembre 2015 o fino alla loro scadenza se prevista in data anteriore.».

[9] L’art.1, comma 3, D.L. n.90/2014 nel testo convertito dalla legge n.114/2014 con decorrenza dal 19 agosto 2014 così dispone: «3. Al fine di salvaguardare la funzionalità degli uffici giudiziari, i trattenimenti in servizio, pur se ancora non disposti, per i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari che alla data di entrata in vigore del presente decreto ne abbiano i requisiti ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e successive modificazioni, sono fatti salvi sino al 31 dicembre 2015 o fino alla loro scadenza se prevista in data anteriore.».

[10] Nel Plenum del CSM che ha deciso la nomina del dott. Canzio vi sono stati due astenuti, i due astenuti Aschettino e Morosini, che hanno voluto ribadire che la scelta di Canzio risulta «non in sintonia con la ratio delle proroghe concesse ai magistrati settantenni e di non facile lettura sul piano della funzionalità del sistema». La vicenda del commissariamento della Corte di Milano – Sezione lavoro conferma la sensazione dei due componenti togati di Magistratura democratica.

[11] V. su questa sezione del sito, V. De Michele e S. Galleano, Contratti acausali Poste con le clausole generali dell’art.1, comma 1, e dell’art.2, comma 1-bis, d.lgs. n.368/2001 – La situazione del contenzioso e le prospettive di tutela interna e internazionale.

[12] Corte di giustizia Ue, VI Sezione, sentenza 18 ottobre 2012, in cause riunite da C-302/11 a C-305/11 Valenza ed altri contro Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Le questioni pregiudiziali sono state sollevate dal Consiglio di Stato (Pres. Coraggio, Est. De Nictolis).

[13] Visibile rilievo e spazio argomentativo è dato alla Commissione Ue dalla Corte costituzionale nella sentenza n.187/2016: «E tale conclusione trova una indiretta ma autorevole conferma in quella cui è pervenuta la Commissione U.E. a proposito della procedura di infrazione aperta nei confronti del nostro Paese per la violazione della stessa normativa dell’Unione: essa è stata archiviata senza sanzioni a seguito della difesa dell’Italia, argomentata con riferimento alla normativa sopravvenuta.».

[14] V. le Schede di lettura n.286 del 1° aprile 2015 per l’esame del progetto di legge A.C. 2994 “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”, approvato con la legge n.107/2013, commento all’art.12, pagg. 70-74.

[15] Così conclude la Commissione Ue nelle osservazioni scritte della causa Papalia C-50/13: «L’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999 n. 1999/70/CE, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che si oppone ad un regime nazionale che subordini a condizioni di prova discriminatorie rispetto ad altre analoghe fattispecie di diritto interno o, comunque, eccessivamente onerose il risarcimento del danno dovuto al lavoratore illegittimamente assunto a termine tramite il ricorso abusivo ad una successione di contratti a tempo determinato, ove il risarcimento del danno sia la sola misura prevista dall’ordinamento interno per prevenire e reprimere tale abuso. Spetta al giudice nazionale verificare se tali condizioni ricorrano nel caso di specie.».

[16] La Corte di giustizia nella sentenza Mascolo al punto 14 così precisa la posizione della Corte costituzionale e del Tribunale di Napoli sulla normativa interna applicabile: «Secondo le ordinanze di rinvio, il lavoro a tempo determinato nella pubblica amministrazione è altresì soggetto al decreto legislativo del 6 settembre 2001, n. 368, recante attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES (GURI n. 235, del 9 ottobre 2001; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 368/2001»).».

[17] La Corte di giustizia al punto 89 della sentenza Mascolo così descrive il sistema di reclutamento scolastico nazionale: «Nel caso di specie si deve, in via preliminare, rilevare che dalle ordinanze di rinvio e dalle spiegazioni fornite in udienza risulta che, in forza della normativa nazionale di cui trattasi nei procedimenti principali, come prevista dalla legge n. 124/1999, l’assunzione di personale nelle scuole statali ha luogo sia a tempo indeterminato tramite l’immissione in ruolo sia a tempo determinato mediante lo svolgimento di supplenze. L’immissione in ruolo si effettua secondo il sistema cosiddetto «del doppio canale», ossia, quanto alla metà dei posti vacanti per anno scolastico, mediante concorsi per titoli ed esami e, quanto all’altra metà, attingendo alle graduatorie permanenti, nelle quali figurano i docenti che hanno vinto un siffatto concorso senza tuttavia ottenere un posto di ruolo, e quelli che hanno seguito corsi di abilitazione tenuti dalle scuole di specializzazione per l’insegnamento. Si è fatto ricorso alle supplenze attingendo alle medesime graduatorie: la successione delle supplenze da parte di uno stesso docente ne comporta l’avanzamento in graduatoria e può condurlo all’immissione in ruolo

[18] Così precisa la Corte di giustizia ai punti 92-93 della sentenza Mascolo: «92 A tale riguardo, occorre, innanzitutto, ricordare che, nell’ambito di un’amministrazione che dispone di un organico significativo, come il settore dell’insegnamento, è inevitabile che si rendano spesso necessarie sostituzioni temporanee a causa, segnatamente, dell’indisponibilità di dipendenti che beneficiano di congedi per malattia, per maternità, parentali o altri. La sostituzione temporanea di dipendenti in tali circostanze può costituire una ragione obiettiva ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro, che giustifica sia la durata determinata dei contratti conclusi con il personale supplente, sia il rinnovo di tali contratti in funzione delle esigenze emergenti, fatto salvo il rispetto dei requisiti fissati al riguardo dall’accordo quadro (v., in tal senso, sentenza Kücük, EU:C:2012:39, punto 31). 93 Tale conclusione si impone a maggior ragione allorché la normativa nazionale che giustifica il rinnovo di contratti a tempo determinato in caso di sostituzione temporanea persegue altresì obiettivi di politica sociale riconosciuti come legittimi. Infatti, come risulta dal punto 87 della presente sentenza, la nozione di «ragione obiettiva» che figura alla clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro comprende il perseguimento di siffatti obiettivi. Orbene, misure dirette, in particolare, a tutelare la gravidanza e la maternità nonché a consentire agli uomini e alle donne di conciliare i loro obblighi professionali e familiari perseguono obiettivi legittimi di politica sociale (v. sentenza Kücük, EU:C:2012:39, punti 32 e 33 nonché giurisprudenza ivi citata).».

[19] A titolo meramente esemplificativo, il DDG n.82/2012 non ha indetto concorsi o non li indetti nell’ambito di tutte le Regioni per le seguente classi di concorso, bandite invece nel concorso 1999: Aerotecnica e costruzioni aeronautiche 1/A; Arte della fotografia 7/A; Arte della grafica e della incisione 8/A; Arte dei metalli e oreficeria 10/A; Chimica agraria 12/A; Chimica e tecnologie chimiche 13/A; Circolazione aerea, telecomunicazioni aeronautiche ed esercitazioni 14/A; Costruzioni, tecnologia delle costruzioni e disegno tecnico 16/A; Discipline geometriche, architettoniche, arredamento e scenotecnica 18/A; Discipline giuridiche ed economiche 19/A, limitatamente alle Regioni diverse da Campania, Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Sicilia e Toscana per le quali erano stati banditi nel 2012 concorsi a livello regionale per complessivi n.79 posti; Discipline meccaniche e tecnologia 20/A; Discipline pittoriche 21/A; Discipline plastiche 22/A; Disegno e storia del costume 24/A; Elettronica 34/A; Elettrotecnica ed applicazioni 35/A; Geografia 39/A; Informatica 42/A; Matematica applicata 48/A; Navigazione aerea ed esercitazioni 55/A; Navigazione, arte navale ed elementi di costruzioni navali 56/A; Scienza degli alimenti 57/A; Scienze e meccanica agraria e tecniche di gestione aziendale, fitopatologia ed entomologia agraria 58/A; Scienze naturali, chimica e geografia, microbiologia 60/A; Storia dell’arte 61/A; Tecnica fotografica 65/A; Tecnologia ceramica 66/A; Tecnologie dell’abbigliamento 68/A; Tecnologie grafiche ed impianti grafici 69/A; Tecnologie tessili 70/A; Tecnologie e disegno tecnico 71/A; Topografia generale, costruzioni rurali e disegno 72/A.

[20] I dati sono riportati a pag. 16 delle Linee guida sulla “Buona Scuola” di fine agosto 2014.

[21] Sempre nelle Linee guida sulla “Buona scuola” di fine agosto 2014 così il Governo segnala il deposito il 17 luglio 2014 delle conclusioni dell’Avvocato generale Szpunar nelle cause pregiudiziali sul precariato scolastico, a pag.34: «Recentemente, l’Avvocato ge­nerale incaricato di seguire e presentare il caso ai giudici del­la Corte di Giustizia dell’Unio­ne europea che presto dovranno pronunciarsi, ha concluso che i giudici italiani dovranno verifi­care se il sistema attuale delle supplenze annuali sia fondato su giustificate esigenze. Il rile­vato motivo di contrasto tra il sistema italiano e la direttiva sul lavoro a tempo determinato risiede nel fatto che il sistema delle supplenze annuali di fat­to rinnova periodicamente dei contratti a tempo determinato per provvedere alla copertura di posti vacanti d’insegnamen­to. Tali rinnovi sono effettuati senza che però si abbia certezza sulla data di conclusione delle procedure concorsuali per l’as­sunzione di personale di ruolo né si definiscano criteri obiettivi e trasparenti per verificare se il rinnovo di tali contratti risponda effettivamente ad un’esigenza reale. Inoltre il sistema attuale non prevede alcuna misura per prevenire e sanzionare il ricor­so abusivo alla successione di contratti di lavoro a tempo de­terminato nel settore scolastico. Questa prospettiva è ciò che è oggi all’attenzione dell’Europa, e va nella stessa direzione di ciò che il Governo intende offrire alla scuola grazie ad un piano di assunzioni straordinario e ad un nuovo concorso che – insieme – diano una risposta alle aspet­tative non solo di quasi 200 mila aspiranti docenti di ruo­lo ma ad alcuni milioni di stu­denti, che si meritano docenti che, quando la mattina vanno a scuola, pensano non tanto a cosa succederà loro l’anno dopo, al successivo “walzer” di sup­plenze, o a come saranno posi­zionati in una qualche lista d’at­tesa, ma a come migliorare ciò che fanno ogni giorno in classe.».

[22] L’art. 8 DDL 2994, dal titolo “Piano straordinario di assunzioni”, così disponeva: «1. Per l’anno scolastico 2015/2016, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca è autorizzato ad attuare un piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato di personale docente per le istituzioni scolastiche statali di ogni ordine e grado, per la copertura dei posti vacanti e disponibili nell’organico dell’autonomia. In sede di prima attuazione, ai fini del presente articolo, l’organico dell’autonomia è determinato, entro il 31 maggio 2015, ai sensi dell’articolo 6, commi 4 e 5, per i posti comuni e di sostegno e i posti per il potenziamento sono istituiti solo presso la scuola primaria e secondaria di primo e di secondo grado, tenuto conto delle esigenze di potenziamento dell’organico funzionale calcolato in conformità ai criteri e agli obiettivi di cui all’articolo 2. 2. Sono assunti a tempo indeterminato e iscritti negli albi di cui all’articolo 7, nel limite dei posti di cui al comma 1 del presente articolo: a) i vincitori presenti, alla data di scadenza prevista per la presentazione delle domande di cui al comma 3, nelle graduatorie del concorso pubblico per titoli ed esami a posti e cattedre bandito con decreto direttoriale del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca n. 82 del 24 settembre 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, concorsi ed esami, n. 75 del 25 settembre 2012, per il reclutamento di personale docente per le scuole statali di ogni ordine e grado; b) gli iscritti a pieno titolo, alla data di scadenza prevista per la presentazione delle domande di cui al comma 3, nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente di cui all’articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni. 3. Al piano straordinario di assunzioni partecipano i soggetti di cui al comma 2 che abbiano presentato apposita domanda di assunzione esclusivamente secondo le modalità stabilite dal comma 8. I soggetti che appartengono a entrambe le categorie di cui alle lettere a) e b) del comma 2 scelgono, con la domanda, per quale categoria essere trattati. 4. In deroga all’articolo 399 del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, al piano straordinario di assunzioni si provvede secondo le modalità e le fasi, in ordine di sequenza, di seguito indicate: a) i vincitori sono assunti, nell’ambito della regione nella cui graduatoria di merito sono iscritti, nel limite del 50 per cento dei posti vacanti e disponibili dell’organico dell’autonomia, individuati a livello di albo territoriale di cui all’articolo 7; b) gli iscritti nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente sono assunti, nell’ambito della provincia relativa alla graduatoria in cui sono iscritti, nel limite del restante 50 per cento dei posti vacanti e disponibili dell’organico dell’autonomia, individuati a livello di albo territoriale, incrementati di quelli di cui alla lettera a) rimasti eventualmente vacanti e disponibili al termine della relativa fase; c) i vincitori, nonché gli iscritti nelle graduatorie ad esaurimento, che residuano dalle fasi precedenti, sono assunti nel limite dei posti rimasti eventualmente vacanti e disponibili nell’organico dell’autonomia nazionale, individuati a livello di albo territoriale. I vincitori hanno precedenza rispetto agli iscritti nelle graduatorie ad esaurimento. 5. I soggetti interessati dalle fasi di cui al comma 4, lettere a), b) e c), possono esprimere l’ordine di preferenza tra tutti gli albi territoriali e sono assunti prioritariamente, nell’ambito degli albi indicati, sui posti di sostegno, se in possesso del relativo titolo di specializzazione e, in subordine, a partire dalla classe di concorso o dal grado di istruzione per cui posseggono maggiore punteggio e, a parità di punteggio, dando priorità al grado di istruzione superiore. In caso di indisponibilità di posti per gli albi territoriali indicati, non si procede all’assunzione. 6. Per una maggiore fungibilità del personale assunto e per limitare il ricorso a contratti a tempo determinato, nella fase di assegnazione degli incarichi si applica l’articolo 7, comma 3, lettera d). 7. I soggetti di cui al comma 2 accettano espressamente la proposta di assunzione entro dieci giorni dalla data della sua ricezione per il tramite del sistema di cui al comma 8. In caso di mancata accettazione nel termine e con le modalità predetti, i soggetti di cui al comma 2 non possono essere destinatari di ulteriori proposte di assunzione a tempo indeterminato ai sensi del piano straordinario di assunzioni. Le disponibilità di posti sopravvenute per effetto delle rinunce all’assunzione non possono essere assegnate in nessuna delle fasi di cui al comma 4. I posti per il potenziamento dell’offerta formativa, che rimangono vacanti all’esito del piano straordinario di assunzioni, non sono disponibili per incarichi a tempo determinato fino al successivo ciclo di determinazione dei fabbisogni di cui all’articolo 2. I soggetti assunti sono destinatari di proposte di incarico ai sensi dell’articolo 7. 8. Ai fini del presente articolo è pubblicato un apposito avviso nella Gazzetta Ufficiale e tutte le comunicazioni con i soggetti di cui al comma 2, incluse la domanda di assunzione e l’espressione delle preferenze, la proposta di assunzione, l’accettazione o la rinuncia, avvengono esclusivamente per il tramite dell’apposito sistema informativo, gestito dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, che cura ogni fase della procedura in deroga all’articolo 45, comma 2, e all’articolo 65 del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni. 9. È escluso dal piano straordinario di assunzioni il personale già assunto quale docente a tempo indeterminato alle dipendenze dello Stato, anche se presente nelle graduatorie di cui al comma 2, lettere a) e b), e indipendentemente dalla classe di concorso, dal tipo di posto e dal grado di istruzione per i quali vi è iscritto o in cui è assunto. Sono altresì esclusi i soggetti che non sciolgano la riserva per conseguimento del titolo abilitante entro e non oltre il 30 giugno 2015, fermo restando quanto previsto dal periodo precedente. 10. A decorrere dal 1° settembre 2015, le graduatorie di cui al comma 2, lettere a) e b), perdono efficacia, per i gradi di istruzione della scuola primaria e secondaria, ai fini dell’assunzione con contratti di qualsiasi tipo e durata. Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono soppresse le graduatorie dei concorsi pubblici per titoli ed esami banditi antecedentemente all’anno 2012 per il reclutamento di personale docente per le scuole statali di ogni ordine e grado. 11. La prima fascia delle graduatorie di circolo e d’istituto del personale docente ed educativo previste dall’articolo 5 del regolamento di cui al decreto del Ministro della pubblica istruzione 13 giugno 2007, n. 131, continua a esplicare la propria efficacia, fino all’anno scolastico 2016/2017 compreso, per i soli soggetti già iscritti alla data di entrata in vigore della presente legge, non assunti a seguito del piano straordinario di assunzioni di cui al comma 1. 12. Fermo restando quanto previsto dal presente articolo, ad eccezione del personale docente della scuola dell’infanzia e del personale educativo, l’accesso ai ruoli del personale docente della scuola statale avviene esclusivamente mediante concorsi pubblici nazionali su base regionale per titoli ed esami, le cui graduatorie hanno validità fino all’approvazione della successiva graduatoria concorsuale e comunque non oltre tre anni.».

[23] L’art.6, comma 3, DDL 2994 prevede espressamente che il personale della dotazione organica dell’autonomia è tenuto ad assicurare prioritariamente la copertura dei posti vacanti e disponibili, oltre alla sostituzione dei docenti assenti per la copertura delle supplenze temporanee fino a dieci giorni. Nel testo del DDL 2994 non si richiamano le supplenze fino al termine delle attività didattiche e l’organico dell’autonomia costituisce il naturale bacino per le supplenze utilizzando personale assunto a tempo indeterminato, come già previsto con le dotazioni organiche aggiuntive disciplinate dall’art.13 della legge n.270/1982, tutt’ora vigente.

[24] Il testo della legge n.107/2015 è stato ripubblicato sul supplemento ordinario n.44 alla Gazzetta ufficiale – serie generale n. 175 del 30 luglio 2015, corredato dalle note redatte dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, ai sensi dell’art. 10, comma 3-bis, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull’emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1985, n. 1092, al fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali è operato il rinvio. In corrispondenza degli artt.99-101 c’è la nota esplicativa “Modalità di assunzione e assegnazione della sede”, senza alcuna indicazione della natura provvisoria della assegnazione.

[25] L’art.1, comma 108, della legge n.107/2015, nel testo antecedente alle modifiche introdotte dall’art.1-bis D.L. n.42/2016 dal titolo “Disposizioni in materia di assegnazioni provvisorie”, convertito dalla legge n.89/2016, in vigore dal 16 luglio 2015 al 28 maggio 2016, così disponeva: «108. Per l’anno scolastico 2016/2017 é avviato un piano straordinario di mobilità territoriale e professionale su tutti i posti vacanti dell’organico dell’autonomia, rivolto ai docenti assunti a tempo indeterminato entro l’anno scolastico 2014/2015. Tale personale partecipa, a domanda, alla mobilità per tutti gli ambiti territoriali a livello nazionale, in deroga al vincolo triennale di permanenza nella provincia, di cui all’articolo 399, comma 3, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, per tutti i posti vacanti e disponibili inclusi quelli assegnati in via provvisoria nell’anno scolastico 2015/2016 ai soggetti di cui al comma 96, lettera b), assunti ai sensi del comma 98, lettere b) e c). Successivamente, i docenti di cui al comma 96, lettera b), assunti a tempo indeterminato a seguito del piano straordinario di assunzioni ai sensi del comma 98, lettere b) e c), e assegnati su sede provvisoria per l’anno scolastico 2015/2016, partecipano per l’anno scolastico 2016/2017 alle operazioni di mobilità su tutti gli ambiti territoriali a livello nazionale, ai fini dell’attribuzione dell’incarico triennale. Limitatamente all’anno scolastico 2015/2016, i docenti assunti a tempo indeterminato entro l’anno scolastico 2014/2015, anche in deroga al vincolo triennale sopra citato, possono richiedere l’assegnazione provvisoria interprovinciale. Tale assegnazione può essere disposta dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca nel limite dei posti di organico dell’autonomia disponibili e autorizzati.».

[26] L’art.1, comma 108, della legge n.107/2015, nel testo modificato dall’art.1-bis D.L. n.42/2016 dal titolo “Disposizioni in materia di assegnazioni provvisorie”, introdotto in sede di conversione dalla legge n.89/2016 con decorrenza dal 29 maggio 2016, così dispone: «108. Per l’anno scolastico 2016/2017 é avviato un piano straordinario di mobilità territoriale e professionale su tutti i posti vacanti dell’organico dell’autonomia, rivolto ai docenti assunti a tempo indeterminato entro l’anno scolastico 2014/2015. Tale personale partecipa, a domanda, alla mobilità per tutti gli ambiti territoriali a livello nazionale, in deroga al vincolo triennale di permanenza nella provincia, di cui all’articolo 399, comma 3, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, per tutti i posti vacanti e disponibili inclusi quelli assegnati in via provvisoria nell’anno scolastico 2015/2016 ai soggetti di cui al comma 96, lettera b), assunti ai sensi del comma 98, lettere b) e c). Successivamente, i docenti di cui al comma 96, lettera b), assunti a tempo indeterminato a seguito del piano straordinario di assunzioni ai sensi del comma 98, lettere b) e c), e assegnati su sede provvisoria per l’anno scolastico 2015/2016, partecipano per l’anno scolastico 2016/2017 alle operazioni di mobilità su tutti gli ambiti territoriali a livello nazionale, ai fini dell’attribuzione dell’incarico triennale. Limitatamente agli anni scolastici 2015/2016 e 2016/2017, i docenti assunti a tempo indeterminato entro l’anno scolastico 2015/2016, anche in deroga al vincolo triennale sopra citato, possono richiedere l’assegnazione provvisoria interprovinciale. Tale assegnazione può essere disposta dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca nel limite dei posti di organico dell’autonomia disponibili e autorizzati. Per l’anno scolastico 2016/2017 l’assegnazione provvisoria di cui ai periodi precedenti può essere richiesta sui posti dell’organico dell’autonomia nonché sul contingente di posti di cui al comma 69 del presente articolo. Nel caso dovesse emergere una spesa complessiva superiore a quella prevista dalla presente legge, si applicano i commi 206 e 207 del presente articolo

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